Fatevene una ragione: voglio farvi coltivare orchidee! Quindi rassegnatevi, mettetevi comodi e seguitemi.
Dopo il post di introduzione all’argomento, torno stravolentieri a parlare di orchidee e lo faccio cominciando ad analizzarle più nel dettaglio, perché già dalla loro osservazione possiamo capire come coltivarle.
Nel corso della loro evoluzione, per far fronte ai continui cambiamenti dei nuovi habitat, le orchidee hanno escogitato due distinte forme di crescita: monopodiale e simpodiale.
Le orchidee monopodiali crescono verso l’alto facendo spuntare la nuova vegetazione dall’apice dei loro fusti. Le foglie crescono alternativamente su entrambi i lati del fusto centrale e la distanza tra di esse può variare da pochi millimetri a diversi centimetri.
Orchidea a crescita monopodiale
Nelle orchidee simpodiali (la maggior parte) il nuovo getto cresce partendo dalla base della vegetazione precedente comportandosi come la stragrande maggioranza delle erbacee perenni. Un gran numero delle simpodiali possiede i cosiddetti pseudobulbi, pseudo perché non sono dei veri e propri bulbi ma piuttosto una sorta di rigonfiamento degli steli che hanno la funzione di immagazzinare acqua e sostanze nutritive; gli pseudobulbi hanno le forme più svariate: variando da pochi millimetri a 20 e più centimetri possono avere forma a cilindro, a uovo, a sfera, appiatti, lunghi ed esili ecc. Pur con differenze meno evidenti anche le monopodiali possono avere vari sviluppi vegetativi.
orchidea a crescita simpodiale (con pseudobulbi)
Fermiamoci qui, ma solo per riflettere su quello appena detto: come mai una pianta dovrebbe prendersi la briga di costruirsi un rigonfiamento e poi riempirlo di acqua e nutrimenti?
semplice: perché nel suo habitat naturale la pianta attraversa senz’altro un periodo più o meno lungo di siccità e con le riserve accumulate negli pseudobulbi riesce a far fronte alla carenza stagionale.
Viceversa le orchidee monopodiali (che non sviluppano mai gli pseudobulbi) non hanno adottato questo espediente e quindi se ne deduce che crescano in ambienti con umidità costante.
Ma come tradurre tutto questo in consigli pratici di coltivazione?
risposta ancora una volta semplice: se la vostra orchidea ha gli pseudobulbi fate coincidere il “suo” periodo di siccità con l’inverno e preoccupatevi solo di bagnarla ogni tanto (15/20 giorni ma dipende dalle condizioni colturali) mentre dalla primavera all’autunno annaffiare in crescendo fino al culmine, cioè durante l’estate, dove l’acqua dovrà essere generosa e frequente (anche qui difficile quantificare ma si può arrivare a bagnare anche tutti i giorni).
Discorso opposto per le monopodiali che, abituate a una costante umidità, generalmente non hanno un vero e proprio periodo di stop e quindi vi dovrete preoccupare di bagnarle con maggiore regolarità e, con l’ausilio di un nebulizzatore, assicurare alla pianta la giusta umidità.
Queste logicamente sono solo regole generali che vanno bene per la stragrande maggioranza delle orchidee ma, nello sconfinato mondo delle orchidee, le eccezioni non mancano di certo! Non vi resta che provare a mettere in pratica quello che avete letto fin qui e soprattutto leggere i prossimi post.