Con l’arrivo dell’estate abbiamo a disposizione un procedimento di lotta biologica che consente di ridurre il contenuto di patogeni negli strati superficiali del terreno. La solarizzazione è infatti un processo che può essere assimilato ad una pastorizzazione del terreno attraverso la cattura dell’energia solare mediante l’utilizzo di materiale plastico (ma oggi sono reperibili materiali biodegradabili a base di amido) che viene disteso a terra. Se ben condotto questo processo consente la drastica riduzione di patogeni termolabili oltre all’eliminazione delle malerbe.
Il protrarsi di elevate temperature (si parla anche di 40-50 gradi) per più giorni provoca una severa riduzione della microflora e della microfauna presente nei primi strati del terreno, cioè quelli esplorati dagli apparati radicali della maggior parte delle colture orticole o delle erbe.
Oltre alla morte della maggior parte dei microrganismi, l’efficacia di questo procedimento si manifesta anche con effetti indiretti come un generale indebolimento dei microrganismi più resistenti che risultano quindi più suscettibili agli antagonisti naturali.
Esperienze dimostrano infatti che la flora antagonista utile essendo più termo tollerante si riduce in misura meno drastica rispetto ai parassiti e manifesta una capacità di ricolonizzazione molto più elevata di diversi patogeni.
È ormai ampiamente documentato che nei terreni a matrice sabbiosa si ha un maggior trasferimento di calore agli strati più profondi rispetto ai terreni argillosi e di conseguenza, una maggior efficacia della solarizzazione.
La solarizzazione è un procedimento che può essere eseguito soltanto nei mesi più caldi e deve essere preceduto da una lavorazione profonda del terreno che deve poi essere sistemato come se ci si apprestasse all’impianto.
Il terreno deve poi essere irrigato abbondantemente (a capacità di campo), dopodiché su di esso viene steso un film di materiale trasparente (EVA o PVC ma cercate di utilizzare materiali biodegradabili per non inquinare con le plastiche) che deve essere fatto aderire al terreno ed interrandone i bordi per circa 30 cm, cosi da avere una tenuta stagna.
Il terreno deve poi essere lasciato coperto per 5-6 settimane, dopodiche si toglie il telo e si procede alla semina.
Qualora al termine del ciclo di solarizzazione fosse necessaria una lavorazione del terreno, essa va limitata agli strati più superficiali.
Se avete programmato la semina del prato ad inizio autunno, utilizzare questo processo rappresenta, per i tempi di realizzazione e per l’ampio spettro d’efficacia, un’ottima alternativa all’utilizzo di diserbanti ed anticrittogamici.