La scorsa settimana sono passato da Massimo il fruttivendolo e, dopo aver fatto la mia solita polemica su frutta e verdura fuori stagione, ho notato che proponeva le prime clementine di Calabria. Mi ha detto: “non sono fuori stagione perché cominciano a coglierle adesso, assaggiale, sono buone” e, visto che a mandarini e clementine non so proprio resistere, ho seguito il suo consiglio e le ho provate. Buone a dir la verità lo erano ma, ricordandomi che una decina di giorni fa Massimo vendeva i mandarini provenienti dall’Uruguay, mi è venuto spontaneo di fare un raffronto tra i due frutti. Concentrandomi su un aspetto: le distanze che coprono per arrivare fino a noi.
Prendendo per esempio e per buoni i prezzi qui sopra riportati (immagino che Massimo non sia più caro di altri fruttivendoli col negozio nei piccoli paesini, e comunque è coerente con i prezzi della zona) mi è venuto in mente di paragonare il costo per ogni chilometro del loro tragitto (dalla zona di produzione alla nostra tavola) se, per assurdo, l’intero prezzo fosse destinato alle spese del viaggio. Tutto molto empirico certo (è un raffronto che non usa neanche lo stesso frutto, anche se mandarini e clementine possono dirsi “fratelli”) ma comunque emblematico.
Allora ho aperto Google Heart, ho preso lo strumento righello e ho tracciato una linea tra un punto nel centro dell’Uruguay e un punto nel centro Italia ottenendo come risultato circa 10.500 Km di distanza tra i due punti. Ho poi ripetuto l’operazione partendo dal centro della Calabria e arrivando nel solito punto della misura precedente (centro Italia) con il risultato di poco più di 600 Km di distanza tra i due punti. Fatto questo ho calcolato 4,20 euro (il prezzo dei mandarini uruguayani un paio di settimane fa) diviso 10.500 (i Km in linea d’aria tra l’Uruguay e l’Italia) e 3,75 euro (il prezzo delle clementine una settimana fa) diviso 600 (i Km tra la Calabria e il centro Italia) ottenendo come risultato 0,0004 nel primo caso e 0,00625 nel secondo caso, cifre che corrispondono al costo in euro per chilometro percorso dai due frutti prima di giungere fino a noi.
Confesso che la matematica non è mai stata il mio forte e messa così, con quella virgola e quegli zeri, potrebbe non dirmi un granché ma basta incrociare i dati e subito iniziano le sorprese: se i mandarini, con il costo con cui provengono dal Sudamerica, venissero dalla Calabria mi ciberei solo ed esclusivamente di questi deliziosi agrumi perché verrebbero a costare la misera cifra di 0,24 euro al Kg mentre viceversa i clementini, percorrendo più di diecimila Km al prezzo con cui giungono dalla Calabria, costerebbero la cifra record di 65,625 euro al Kg!!!
Ok, ripeto, tutto empirico e approssimativo ma forse un po’ l’idea la rende: come è possibile una differenza del genere? Quanto vengono all’origine i mandarini sudamecani? quanto incide il viaggio (e il prezzo del carburante) sul costo finale?
Premesso che non ho nulla contro l’Uruguay (grande terra, grande popolo, grandi mandarini!) o chi per lui (Brasile, Argentina Sudafrica ecc.), il problema è che, per le tonnellate di merci che ogni giorno vengono scambiate a livello planetario, tra le zone di produzione e quelle di consumo sempre più spesso ci sono oceani di mezzo e migliaia di chilometri di distanza da percorrere, il tutto nel nome della globalizzazione e del libero mercato (che, stando alla crisi finanziaria globale, non sembrano i metodi migliori su cui basare l’economia di un pianeta…)
E allora la domanda finale sorge spontanea: è così a buon mercato inquinare il pianeta?