Di ritorno dalla terra che Cristoforo Colombo definì “Paria tierra de gracia” ho il piacere di raccontarvi il procedimento utilizzato per la produzione di uno dei migliori cioccolati del mondo. Si parte con la coltivazione della pianta del cacao (Theobroma cacao), in particolare della sottospecie Criollo originaria di Venezuela, Colombia e Messico, detta anche cacao nobile da cui si ottengono i mitici semi dei Maya e da lì un prodotto altamente pregiato, ricco di aromi e sentori.
La piantagione si trova riparata da vento e sole da piante di banani. Questa situazione è necessaria soprattutto nei primi anni di vita delle piante e garantisce un ambiente molto umido. Una delle singolarità di questa pianta è la posizione dei frutti (detti Cabossa) che possono spuntare ovunque, sul tronco oppure sui rami in maniera completamente casuale. L’albero può raggiungere l’altezza di dieci metri ma per ottimizzare la produzione viene mantenuto intorno ai cinque. Inoltre quando i rami che nascono spontaneamente alla base della pianta raggiungono una dimensione sufficiente per iniziare a garantire la produzione, viene soppressa la parte più vecchia. Il ciclo di maturazione è continuo nell’arco dell’anno e vengono effettuati due raccolti, uno prima della stagione delle piogge (con frutti qualitativamente superiori) e uno dopo.
Una volta raccolto, il frutto maturo viene aperto con un colpo di machete e i semi bianchi avvolti da una gelatina bianca e dolciastra vengono lasciati a fermentare in terra coperti da foglie di banano per circa quattro giorni prima di procedere con la fase di essiccazione.
A questo punto entrano in gioco le macchine. La prima è la tostatrice il cui nome non lascia dubbi sul compito che svolge.
La fase successiva è la molitura che mediante macine permette l’eliminazione di gran parte delle bucce ed ha come prodotto finale una granella di cacao composta da burro di cacao e da una parte magra in percentuali quasi uguali.
La macchina successiva effettua il concaggio. In pratica il composto raggiunge una temperatura di circa 40 gradi, diventa liquido e viene sbattuto sulle pareti, facilitando la fuoriuscita di buona parte degli acidi.
A questo punto il prodotto è già molto vicino alle caratteristiche note a tutti ma l’aspetto è differente in quanto il burro di cacao non è perfettamente amalgamato.
L’ultimo procedimento, quello che garantisce un cioccolato omogeneo che si possa conservare a lungo è il temperaggio. La temperatura raggiunta nella fase precedente viene abbassata sotto i 30 gradi stabilizzando i cristalli del burro di cacao donando la lucentezza e consistenza a cui siamo abituati.
Infine vengono riempiti gli stampi e fatti passare su un nastro vibrante che permette la produzione di tavolette esenti da bolle di aria che una volta raffreddate sono pronte per essere consumate da grandi e piccini.
Non rimane che assaggiare e vi assicuro che è impossibile evitare di leccarsi i baffi!!!