(Nota: se guardate il video ricordatevi di attivare i sottotitoli)
Mi è sempre piaciuta l’idea di ricreare, nell’orto, il ciclo completo delle piante, ottenenere cioè gli ortaggi direttamente dal seme per poi, una volta coltivati, ricavare da loro i semi per l’anno successivo realizzando quello che si dice da “seme a seme”. Tutto ciò si può fare solo se si è in grado di anticipare le semine assicurando ai semi stessi le condizioni ideali per poter germogliare e crescere anche nei freddi mesi di febbraio e marzo e questo è possibile solo se si semina al coperto. Un metodo efficace per ottenere l’anticipo delle semine è un metodo semplice quanto antico, conosciuto dai nonni dei nostri nonni: il semenzaio a letto caldo.
Il concetto su cui si basa il semenzaio a letto caldo è piuttosto semplice: sfruttare il processo anaerobico di trasformazione del letame per ottenere il calore necessario per far germogliare i semi prima e sopravvivere le piantine poi e dunque anticipare di fatto i tempi. È possibile sostituire il letame e il suo processo di produzione del calore usando delle resistenze elettriche con l’indubbio vantaggio di consentire il controllo della temperatura con un semplice termostato, cosa che risulta impossibile per la maturazione del letame. A vantaggio di quest’ultimo però c’è il fatto che, mentre le resistenze elettriche consumano e inquinano, il letame ci regala calore a costo zero e soprattutto in modo naturale, con una parola moderna: ecosostenibile.
Visto che reputo molto interessante questo metodo mi sono messo in testa di costruirlo e mi sono quindi armato di tutto il necessario per realizzarlo anche se devo ammettere che difficilmente sarei riuscito a terminarlo da solo (non sono molto abile per certe cose…) ma anvendo suscitato un certo interesse e molta curiosità nella cerchia dei miei amici in molti si sono gentilmente prestati a darmi una mano. Colgo l’occasione allora per ringraziare:
– I cavalli di Stefano, instancabili produttori di ottimo letame;
– Stefano stesso, ben felice di fornire il letame (“se lo porti via tutto ti regalo un fiasco di vino!”);
– Alessio, fondamentale per trasportare il letame fino al semenzaio;
– Simone, presente a tutte le fasi della realizzazione;
– Diego, onnipresente e tuttofare;
– Beppe e Fausto per la semplice ed efficace soluzione di apertura.
Vediamo allora come si sono svolti i lavori.
Si scava una buca orientata possibilmente a sud e profonda almeno 70 o meglio 80 cm, lunga al massimo 80 cm (più o meno il limite per poi lavorare in comodità nel semenzaio) e larga a seconda delle esigenze, nel mio caso l’ho fatta di circa 2 metri. Confesso che scavare è stata la fase più dura della lavorazione visto che smuovere più di un metro cubo ti terra e pietre non è cosa da prendere a cuor leggero, tanto che a un certo punto ho temuto seriamente che la fossa che stavo scavando diventasse la mia Fossa…
Una volta terminato di scavare è bene disporre sul fondo della buca uno strato di pietre e sassi in modo tale da creare un vespaio che aiuti il drenaggio dopodiché si comincia a riempire la fossa con 40/50 cm di letame fresco. Il letame migliore da utilizzare è quello di cavallo che arriva a sviluppare, nel picco del processo, qualcosa come 75° C. per poi stabilizzarsi a temperature più basse e assicurare calore per più di un mese. Anche il letame bovino è ottimo per lo scopo, raggiunge nel picco temperature minori ma le mantiene per un periodo maggiore. Qualunque sia il letame usato va pressato bene per favorire e rendere più efficace il processo di trasformazione, processo che si rende più duraturo aggiungendo un po’ di paglia all’impasto. Quando il letame è ben compattato si procede ricoprendolo con 20/25 cm di terra mischiata a terriccio e contemporaneamente si interrano le pareti di legno della struttura esterna e si fissano formando una cassa detta appunto cassone. Nel mio caso ho riciclato delle tavole di legno usato che, una volta inchiodate tra di loro, risultano perfette per realizzare il telaio. Le due pareti più lunghe devono avere un’altezza diversa (40/45 cm la più alta 30/35 l’altra) in modo tale che il tetto che le sovrasterà abbia la pendenza giusta sia per ricevere meglio i raggi del sole sia per far scolare l’acqua piovana. A questo punto serve un tetto apribile che io ho costruito fissando su un telaio di legno un foglio di policarbonato spesso un cm; logicamente è possibile realizzarlo con altri materiali come il plexiglass o il vetro ma il policarbonato alveare è molto indicato nella costruzione per esempio delle serre per il suo doppio strato che assicura un miglior isolamento.
A questo punto il semenzaio è terminato e non resta che cominciare la semina non prima di aver fatto trascorrere una settimana, tempo di solito sufficiente per innescare il processo di produzione del calore. Una volta spianato in terriccio all’interno del cassone è possibile seminare direttamente sul terreno oppure, una volta interrati, è anche possibile farlo nei vasetti da semina, quelli per intendersi uniti sei a sei e che contengono le piantine di ortaggi che troviamo di solito in vendita. Questo metodo è molto vantaggioso per la gestione successiva delle piante che possono essere coltivate lì dentro fino teoricamente alla messa a dimora finale risparmiando agli ortaggi stressanti rinvasi intermedi. Fate molta attenzione, sistemando i vasetti, ad ottimizzare lo spazio disponibile per ottenere il maggior numero possibile di piante.
Altra cosa fondamentale sarà quella di apporre ai vasetti delle targhette (improvvisate da me con dei post-it) con il nome dell’ortaggio seminato per scongiurare scambi di piante, soprattutto di quelle come i pomodori, di cui di solito vengono piantate molte varietà, che non è possibile distinguere se non al momento della fruttificazione. Oltre agli ortaggi, la stragrande maggioranza, hanno trovato posto nel semenzaio anche diversi fiori, tanto per ricordare i diversi utilizzi che se ne possono fare.
Una volta finita la semina è indispensabile annaffiare bene il tutto ma con una certa delicatezza, facendo attenzione che l’acqua non smuova troppo la terra superficiale e scopra così i semi. Nei giorni successivi e anche dopo la germogliazione è fondamentale l’annaffiatura: dobbiamo cercare di mantenere sempre umido il terreno senza bagnarlo troppo.
Questo è più o meno tutto, non rimane che aspettare sperando che tutto funzioni e che le piantine non tardino a nascere. Ho seminato centinaia e centinaia di semi e se spuntano tutti posso attuare il mio piano: pochissime delle piante seminate verranno coltivate direttamente da me (anche quest’anno purtroppo ho pochissimo tempo da dedicare all’orticello) ma verranno quasi tutte distribuite a una fitta rete di coltivatori e contadini; in sostanza io penso alle piantine e loro a coltivarle e poi magari, chissà, al tempo della raccolta possono arrivarmi tre pomodori da lì, due melanzane di là, un cesto di insalata, qualche zucchina…
Non sottovalutate la cosa: coi tempi che corrono potrebbe anche trattarsi dell’economia del terzo millennio…
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