Prima in Europa e quarta al mondo. Questo è quanto vale la produzione di castagne in Italia, una produzione che fa sempre rima con qualità visto che sono addirittura dieci i riconoscimenti ottenuti dai nostri prodotti, tra Dop e Igp: ben quattro in Toscana (Marrone del Mugello Igp, Castagna del Monte Amiata Igp, Farina di Neccio della Garfagnana Dop, Marrone di Caprese Michelangelo Dop), due in Campania (Castagna di Montella Igp, Marrone di Roccadaspide Igp) il romagnolo Marrone di Castel del Rio Igp, il veneto Marrone di San Zeno Dop, dal Lazio la Castagna di Vallerano Dop e dal Piemonte la Castagna Cuneo Igp. Insomma, come si legge su Coldiretti, nonostante un calo della produzione del 10%, con 45 milioni di chili l’Italia vanta un settore di primaria importanza, sul quale però da qualche anno incombe una seria minaccia, rappresentata da un piccolo insetto che, nonostante le dimensioni, è forse in assoluto il più dannoso per il castagno: il Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu.
Ennesimo regalo della globalizzazione il cinipide galligeno del castagno è infatti originario della Cina dal quale si è diffuso accidentalmente in Giappone nel 1941, in Corea nel 1963 e negli Stati Uniti nel 1974. Introdotto verosimilmente importando marze provenienti dall’estero, in Italia è stato avvistato per la prima volta nel 2002 in Piemonte, nella provincia di Cuneo, dalla quale si sta diffondendo nel resto del paese, come la Liguria, la Toscana e l’Emilia Romagna fino alla Campania e i primi focolai di un anno fa, anche se per fortuna la velocità di colonizzazione per il momento risulta molto inferiore a quella, per esempio, riscontrata in Giappone. Si tratta di un imenottero appartenente alla famiglia dei Cynipidae, di 2,5 – 3 mm di colore nero, che nello stadio adulto sopravvive per pochi giorni, incessantemente passati alla frenetica ricerca di nuove gemme sulle quali deporre le proprie uova. Il primo stadio larvale si compie in genere in 30-40 giorni ed è caratterizzato da uno sviluppo molto lento durante il periodo autunno-invernale. Alla ripresa vegetativa sulla pianta si formeranno le galle che al loro interno ospitano le larve che, attraverso quattro stadi, si trasformano in pupe e poi in adulti. O meglio, in adulte perché D. kuriphilus si riproduce per partenogenesi telitoca e si conoscono quindi solo esemplari femminili. Il loro attacco porta a un crollo della produzione di castagne che può arrivare fino all’80% e a un rallentamento nello sviluppo degli alberi che, in caso di attacchi ripetuti, può portare alla loro morte, fatto – va detto – che per il momento in Italia non si è ancora verificato. La sua diffusione è favorita dal fatto che, una volta fecondata una gemma, quest’ultima non presenta alcun segno risultando a tutti gli effetti sana; si capisce bene che con questi presupposti lo scambio di marze può involontariamente accelerare l’espansione del fitofago.
Visto che è stata la prima a essere colpita, la regione Piemonte fin da subito ha cercato di contrastare questo temibile insetto provando vari metodi. Secondo le prove effettuate la potatura (e la conseguente distruzione delle gemme infestate) può solo rallentare la sua diffusine mentre a tutt’oggi nessun insetticida si è rivelato efficace. Il metodo più promettente proviene dalla lotta biologica e consiste nell’introdurre un parassitoide, il Torymus sinensis Kamijo, anch’esso un imenottero, originario della Cina; in Piemonte se ne occupa l’Università di Torino che ha finora lanciato il T. sinensis in circa 100 siti. Per vedere i primi risultati occorrerà aspettare alcuni anni, ma è un metodo molto promettente che in altri paesi ha ottenuto un buon esito riconducendo l’impatto del cinipide entro limiti accettabili anche per la produzione.
Le quattro foto sopra riportate (che raffigurano 1: femmina adulta su gemma; 2: larve; 3: pupe; 4: galle su foglia) sono di Giovanni Bosio del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte che ringrazio per la gentile collaborazione.