coffea-arabica
Le principali piante dalle quali si ottiene il caffè (Coffea arabica L. e Coffea canephora) sono arbusti che producono piccoli frutti (più o meno delle dimensioni di una ciliegia) che al momento della maturazione diventano di colore rosso vivo. I loro chicchi, estratti dal frutto stesso, vengono accuratamente selezionati, trattati, miscelati, tostati e macinati, e si distinguono per la varietà prodotta, rispettivamente “arabica” e “robusta” e che diventano la gustosa bevanda tanto amata in tutto il mondo e in modo particolare da noi italiani. Le piante hanno origine in Africa e più specificamente nella regione sud-occidentale etiopica dell’altopiano di Kaffa; in seguito iniziò la loro diffusione in Egitto e in Arabia e poi in altre parti del mondo, spesso ambientandosi perfettamente come nel caso del Brasile, dove trovarono il loro habitat ideale, tanto che la loro coltivazione è diventata la principale risorsa economica del Paese.
Sembra che proprio da Kaffa trarrebbe origine la parola caffè, ma in molti non sono d’accordo e fanno risalire il termine alla parola araba kàwek, che significa eccitante. Da molto tempo l’uomo si giova del caffè per il suo gusto e per il suo aroma ricco e fragrante che produce un effetto piacevole e stimolante, ma oltre al piacere della buona tazzina possiamo trarre dalla bevanda anche numerosi benefici.
Le parti utilizzate sono i semi tostati che contengono polifenoli, caffeina, teobromina e acidi clorogenici.
L’ultima novità in campo fitoterapeutico è la scoperta degli acidi clorogenici, che potrebbero servire per combattere il diabete di tipo 2, il morbo di Parkinson e, parrebbe, alcuni tipi di tumore. Andrea Poli, Direttore Scientifico della NFI (Nutrition Foundation of Italy), ha detto che il caffè, se usato in quantità moderate e quotidianamente, può aiutare nella prevenzione di malattie metaboliche e neurodegenerative, e tutto ciò è legato soprattutto alla presenza degli acidi clorogenici. Fra le altre componenti nutrizionali del caffè la più nota e studiata è senza dubbio la caffeina che, come la teofilina del e la teobromina del cacao, è un composto organico che prende il nome di metilxantina e che stimola il sistema nervoso centrale e la contrazione del muscolo cardiaco, permettendo una respirazione più ampia, agendo sulla muscolatura liscia dei bronchi e consentendo di avere a disposizione una maggiore energia durante uno sforzo; per questo motivo è stata inserita dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fra le sostanze dopanti.  Dal punto di vista chimico, la caffeina è una sostanza cristallina bianca che appartiene alla famiglia dei composti alcaloidi e come tale ha un sapore amaro.Viene direttamente assorbita e raggiunge i massimi livelli nel sangue entro circa 30 minuti dopo l’assunzione. Oltre all’effetto stimolante, migliora  l’attività neurale nel cervello e molti studi hanno dimostrato che migliora le prestazioni cognitive stesse, aumentando la capacità di attenzione, di concentrazione, di memorizzazione e migliora il tono dell’umore. Il caffè ha un alto contenuto di antiossidanti, e sappiamo quanti benefici apportano queste sostanze alla salute combattendo i radicali liberi, prevenendo problemi cardiovascolari e contrastando diverse forme tumorali. Gli esperti ci tengono a sottolineare che anche il caffè decaffeinato, grazie soprattutto al contenuto naturale di acidi clorogenici, è tra le fonti più abbondanti di antiossidanti.
Comunque, nonostante la presenza di acidi clorogenici, il caffè in quanto tale per alcuni esperti non è considerato un rimedio curativo, ma una bevanda leggermente neurostimolante, che esercita anche un’attivazione del sistema nervoso simpatico con particolare rilievo per l’apparato cardiovascolare. Attenzione a non esagerare perché gli acidi clorogenici possono far bene, ma superare il limite dei 3/4 caffè al giorno, può provocare l’effetto contrario sull’umore, aumentando il nervosismo, può avere effetti negativi sul fegato e, attraverso l’effetto stimolatorio sulla secrezione gastrica, può causare danni al sistema digerente. Il caffè è quindi controindicato a chi soffre di ulcera, gastrite o reflusso gastroesofageo e a chi soffre di insonnia e di pressione arteriosa alta.
Un’ultima annotazione: l’espresso preso al bar contiene meno caffeina rispetto al caffè preparato a casa con la Moka perché la preparazione è più rapida visto che il tempo di contatto acqua-caffè è di soli 15-25 secondi mentre a casa è di circa 3 minuti.
Foto di epha