Una volta constatate le qualità organolettiche della zucca serpente di Sicilia (leggi: è buona) insieme a Simone e Carlo (i miei coltivatori di riferimento) abbiamo deciso di riprodurre il seme per ripetere la coltura anche quest’anno. Il fatto curioso è che sono entrato in possesso dei semi di questa varietà di zucca grazie a un singolare “rinterzo” con protagonisti due amici siciliani e i semi di Solanum torvum che, prima di giungere da un Giuseppe all’altro, sono partiti da Palermo, sono rimbalzati in Toscana per poi tornare… di nuovo a Palermo!
Sì, perché i semi mi erano stati gentilmente spediti, dal capoluogo siciliano, proprio da quel Giuseppe Marino che i lettori di questo blog hanno imparato a conoscere leggendo spesso di lui e dei suoi interventi.
Visto che i semi di T. torvum erano davvero troppi, ho deciso di spedirli a chi ne faceva richiesta e, tra i tanti a farsi avanti, un altro Giuseppe (sempre da Palermo) ha pensato bene di mandarmi in cambio proprio i semi della zucca in questione. La qual cosa, oltre a farmi molto piacere (quando c’è da sperimentare, e soprattutto da assaggiare, non mi tiro mai indietro…), mi ha permesso di fare la conoscenza con questa varietà davvero interessante.
Lontano dalla terra siciliana (e soprattutto dal suo clima) la zucca si è comunque ben comportata, ambientandosi subito alle nuove temperature e, anche se non ha magari prosperato come nella calda isola, ha comunque prodotto un buon numero di zucche, alcune delle quali sono state lasciate per produrre i semi da usare nella stagione che sta per cominciare. Del resto il fatto che sia cresciuta senza problemi non deve certo stupire, si tratta pur sempre di una zucca, ortaggio che viene coltivato un po’ ovunque con successo, con la sola differenza nel tempo di semina, posticipato anche di un mese rispetto alla stagione siciliana.
La tecnica per ottenere i semi è la stessa usata per gli altri tipi di zucca ed è piuttosto semplice perché consiste nel lasciare uno o più frutti a svernare sulla pianta fino a stagione inoltrata. Nella galleria qui sotto si vedono le varie fasi: le zucche lasciate sulle piante si sono annerite completamente e soprattutto si sono lignificate tanto da rendere la loro apertura un’operazione più impegnativa di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Una volta aperta una di queste zucche è bastato raschiare un po’ le pareti interne per far uscire quel che rimane della polpa (ormai diventata una leggerissima sostanza bianca) e i semi che, come succede spesso con gli ortaggi (e in particolare con le zucche), sono stati prodotti in quantità industriale. Per puro scrupolo ho chiesto a Giuseppe se il metodo per ottenere i semi sopra descritto fosse lo stesso usato in Sicilia e lui ha confermato di sì anche perché, in queste cose, non si inventa davvero niente di nuovo.
A questo punto non resta che chiudere il ciclo, iniziato un anno fa dai semi di Giuseppe, e riseminare i semi ottenuti da quelle piante, rispettando così i ritmi antichi dell’agricoltura e le usanze dei nostri antenati: altro che piante (e semi) brevettati…