Piante portate a zonzo da un robot autosufficiente alimentato da acqua inquinata: Beh, quando girovagando svogliatamente sulla Grande Rete ti trovi davanti a un “ufo” del genere (tanto “non identificato” da costringermi a piazzare il post nell’indefinita categoria “Varie”) non puoi non parlarne. Lo strano quanto geniale oggetto che vedete sopra fa parte del progetto plantas nómadas ed è una creazione dell’artista messicano Gilberto Esparza, specializzato nel creare curiosi ibridi tra arte, scultura, meccanica e robot e già autore di altri esperimenti del genere come parasitos urbanos (parassiti urbani), progetto che ha destato un certo interesse alcuni anni fa. Le “piante nomadi” in questione sono per metà piante e per metà organismi viventi autonomi e che per mantenersi in vita vanno in giro “bevendo” l’acqua dai fiumi contaminati.


La strana creatura è composta da parti robotiche e da parti viventi e, tradendo tutta la mia ignoranza, grazie a lei ho scoperto l’esistenza della pila a combustibile microbiologica che alimenta l’ibrido. All’interno del corpo della macchina vivono in modo simbiotico piante e microrganismi che quando hanno bisogno di nutrirsi guidano il robot alla ricerca di acqua. Che non è, badate, quella pura di un ruscello di montagna ma quella delle acque reflue provenienti da un fiume inquinato (vien da sé che se la macchina funziona è sempre possibile costruirne a migliaia per bonificare i fiumi inquinati…) . Ogni volta che i suoi batteri necessitano  dinutrimento infatti il robot, in totale autosufficienza, si sposta verso un fiume contaminato per “bere acqua” da esso. Attraverso il processo che alimenta le celle a combustibile microbiche, gli elementi contenuti nell’acqua sono sottoposti a trattamento, vengono decomposti e trasformati in energia che serve principalmente ad alimentare i circuiti del “cervello” del robot e le sue parti meccaniche. Il resto viene poi utilizzato per le parti viventi, soddisfando le esigenze vitali delle piante e permettendo loro di compiere il proprio ciclo di vita.

Non c’è che dire, l’idea è molto affascinante. Non solo perché vedere queste strane creature autosufficienti vagare alla ricerca di fonti di sostentamento fa un certo effetto ma anche perché l’operazione è un’efficace metafora sulle trasformazioni e deformazioni che l’uomo opera sull’ambiente e l’impatto generato da queste attività sulla natura, oltre a suggerirci cosa ci aspetta in un prossimo futuro, dove regnano creature “nuove” che prosperano in un ambiente inquinato…

  • Una specie di “cyborg verde”… :-) Se funziona, sarebbe un bell’esempio di collaborazione uomo-natura-tecnologia per rimediare ai danni fatti. L’ideale, intanto, sarebbe smettere di fare danni!

  • dottorbelfusto

    Una specie di “cyborg verde”… :-) Se funziona, sarebbe un bell'esempio di collaborazione uomo-natura-tecnologia per rimediare ai danni fatti. L'ideale, intanto, sarebbe smettere di fare danni!