Non me ne vogliano i viaggiatori nel Vecchio Continente e le compagnie aeree rimaste a terra (rifatevela con la divinità che se ne occupa!), ma l’eruzione dell’impronunciabile vulcano islandese potrebbe per certi versi avere pure degli effetti positivi richiamandoci tutti all’ordine e facendoci capire chi comanda su questo Pianeta, ovvero il Pianeta stesso. E la sua natura, che lo regola e lo abita, e al cui cospetto ogni tanto ci scopriamo per quello che siamo: ospiti insiginficanti e passeggeri. La nube fuoriuscita dal’Eyjafjallajökull (a vostro rischio e pericolo, ma su Wikipedia potete ascoltare la sua pronuncia) ha in breve tempo paralizzato i trasporti aerei di una bella fetta dell’Europa mandando in tilt i nostri traffici, i nostri ritmi e le nostre abitudini pur essendo, a conti fatti, una manifestazione di modesta entità. Nulla a che vedere per esempio con quello che potrebbe scatenare il fratello maggiore, il super vulcano Katla, decine di volte più potente di Eyjafjallajökull e capace da solo di condizionare, come altri vulcani hanno fatto nel passato, il clima planetario fino a determinare la distruzione di buona parte dei raccolti di cereali e di ortaggi, con qualcosa di simile a quello che avvenne nel 1816, periodo ricordato come “l’anno senza estate”.
Raccolti distrutti nell’Europa del nord e nell’est dell’America settentrionale, 30 cm di neve nel Québec a giugno, laghi e fiumi ghiacciati in Pennsylvania durante l’estate, gelate improvvise nel New England, tempeste, inondazioni e piogge di inusuale intensità e forza nel nord (e in misura minore nel sud) dell’Europa furono solo alcune delle conseguenze dell’estate del 1816, nota anche come l’anno della povertà a causa della carenza di cibo e della carestia provocate dalle bizzarrie del clima.
Cos’era successo? la teoria oggi più accreditata individua il motivo principale di queste anomalie proprio nell’eruzione, iniziata nell’aprile 1815, del vulcano indonesiano Tambora che in tre mesi si abbassò di più di mille metri (passando da 4100 a 2850 metri) riversando in atmosfera ingenti quantità di ceneri che, andando a sommarsi a quelle eruttate nel 1812 dal vulcano Soufrière nei Caraibi e a quelle del Mayon nelle Filippine nel 1814, formarono un velo tutto intorno alla Terre in grado di fare da schermo e rendere l’atmosfera meno penetrabile ai raggi solari. La conseguenza della minore irradiazione fu appunto un periodo caratterizzato da inverni molto freddi e dall’assenza, di fatto, della bella stagione e che culminò nel 1816 con “l’anno senza estate“, anno dell’ultima vera crisi di sopravvivenza del mondo occidentale.
Ora, lo dico in tutta sincerità, non vorrei “civettare” la cosa ma il fatto è che, oltre all’innesco del vulcano Hekla che ha appena dato inizio alle danze, va ricordato che le ultime tre eruzioni di Eyjafjallajökull hanno sempre preceduto di poco quelle ben più imponenti di Katla e le tre manifestazioni unite potrebbero dar vita a qualcosa di simile ad allora, solo che non oso pensare a quello che potrebbe succedere oggi, con 6 miliardi di abitanti, se il clima dovesse compromettere buona parte dei raccolti…
A ben vedere però anche quel periodo ebbe risvolti positivi perché la mancanza di frumento stimolò la ricerca di alternative al trasporto coi cavalli e diede di fatto il via a molte nuove scoperte tecnologiche che di lì a poco avrebbero rivoluzionato la nostra vita; senza contare il fatto che il periodo particolarmente freddo “costrinse” Mary Shelley a chiudersi in casa durante le vacanze in Svizzera e a scrivere nientedimeno che Frankenstein.
Non serve comunque andare molto indietro nel tempo per trovare un vulcano capace di condizionare l’andamento del clima: per chi è troppo giovane (o per chi non era ancora nato) basta ricordare il vulcano filippino Pinatubo che, nel 1991, riversò in atmosfera enormi quantità di ceneri e gas che abbassarono la temperatura planetaria di mezzo grado per diversi mesi.
Per finire dunque vi avverto: dovesse a breve innescarsi anche Katla il mio consiglio è quello di coltivare il proprio orto (o quel che è) a partire da subito e dare il massimo in questa stagione perché nei prossimi 2 o 3 anni il clima potrebbe risultare leggermente instabile…
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