Se c’è qualcuno che ancora pensa al riscaldamento globale come a una mezza bufala e crede di cavarsela tutt’al più installando l’ennesimo condizionatore, è bene che cambi idea, e in fretta. Il 2010 infatti non è solo, statistiche alla mano, l’anno più caldo da quando vengono rilevate le temperature, ma rischia di diventare anche lo spartiacque oltre il quale pagheremo le conseguenze del clima impazzito. Guardando all’impennata dei prezzi dei principali beni alimentari infatti si capisce che è giunto il momento di fare i conti con i repentini cambiamenti climatici degli ultimi anni. E detti conti potrebbero cominciare a essere salati.
La situazione allarma le Nazioni Unite ma gli esperti sostengono comunque che non siamo ancora alla crisi alimentare del 2008. Al di là delle forti analogie con lo scenario di due anni fa (crisi economica – se pur minore – che frena la crescita, speculazione finanziaria che – in attesa di bocconi più ghiotti – specula sui prezzi, aumento dei costi di produzione) quest’anno la vera differenza l’ha fatta il clima che, almeno nei primi nove mesi, ha dato il meglio – ovvero il peggio – di sé. Basta osservare quello che è successo:
La siccità in Russia
L’eccezionale ondata di caldo che ha colpito la Russia durante questa estate e i conseguenti, disastrosi e immani incendi che hanno mandato in fumo milioni di ettari di foreste, ha provocato anche un’altra conseguenza potenzialmente molto critica: la produzione di frumento russa (la 3ª a livello mondiale) è calata di un terzo, passando dai 97 milioni di tonnellate del 2009 alle 65 di quest’anno; la decisione di Putin di bloccare l’esportazione di grano ha fatto il resto.
Risultato: aumento del 36% del costo del grano, addirittura dell’80% su base annua in Europa.
Le inondazioni in Pakistan
“Ho assistito a molte catastrofi naturali in tutto il mondo, ma non ho mai visto niente di simile“. Queste le parole del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a proposito delle inondazioni in Pakistan. Oltre a rappresentare uno dei peggiori disastri umanitari mai documentato le alluvioni hanno avuto anche la non meno secondaria conseguenza di distruggere buona parte dei raccolti del paese dell’Asia meridionale, andando a incidere sul prezzo dello zucchero (+17%) e del cotone (+40%).
Alluvioni anche in Cina
Analogamente a quanto successo in Pakistan, in vaste aree della Cina le inondazioni hanno causato morte e distruzione e hanno interessato una superficie di quasi 10 milioni di ettari di terreni agicoli; anche qui le produzioni hanno subito un forte calo, specialmente di cotone (carenza che va a sommarsi con il calo a livello globale), del mais (gelate anomale nelle aree di produzione) e di riso, con quest’ultimo attestato a un -7, non poco visto che la Cina è il maggiore produttore di riso del mondo.
Caldo, in Brasile, caldo negli Stati Uniti
Molte altre zone di produzione agricola del pianeta hanno registrato temperature anomale in grado di condizionare la produzione negativamente. È senz’altro il caso del Brasile dove un inverno particolarmente caldo ha ridotto il raccolto di canna da zucchero, carenza non riequilibrata dall’ottima produzione indiana. Analogamente il caldo e l’eccesso di piogge in Texas (per la produzione del cotone) e nelle vaste aree degli States dove si coltiva il mais hanno compromesso i raccolti.
Quelli sopra elencati sono solo i casi più eclatanti dove la produzione agricola è stata messa in seria crisi dagli sconquassi climatici ma in questo annus horribilis che è il 2010 la tendenza riguarda buona parte del pianeta tanto che i beni alimentari interessati dall’aumento dei prezzi sono ben 55, come riferito dall’agenzia per l’agricoltura e l’alimentazione delle Nazioni Unite che, preoccupata, ha indetto una riunione d’urgenza per il 24 settembre. Anche se la crisi del 2008 sembra lontana il pericolo è tutt’altro che scongiurato e molti paesi dell’Africa e dell’Asia sono a forte rischio di una crisi alimentare. Ma non solo. Sul sito di Maplecroft si trova una mappa del globo che indica le nazioni col più alto rischio di incorrere in una grave carenza di cibo; se non stupisce trovare nell’elenco paesi come l’Afghanistan, la Repubblica democratica del Congo, il Burundi, l’Eritrea, il Sudan, l’Etiopia, l’Angola, la Liberia, il Ciad e lo Zimbabwe una certa inquietudine (più sudori e brividi freddi lungo la schiena) ti pervade quando scopri che tra i paesi a medio rischio c’è pure l’Italia…
Foto di (dall’alto verso il basso):
Pakistan Disaster Relief – DVIDSHUB;
Fire and Smoke in Western Russia on August 4, 2010 – NASA Goddard Photo and Video;
Flooding near Kashmor, Pakistan August 2010 – NASA Goddard Photo and Video