Il cachi (Diospyros kaki) della famiglia delle Ebenaceae, è un tipico frutto autunnale, che molti in questo mese di dicembre avranno già gustato, che si caratterizza per il colore arancio brillante, la buccia liscia e lucida e la polpa molto dolce, simile ad una vellutata. L’albero è a foglia caduca e può raggiungere e oltrepassare i 15 metri anche se viene mantenuto più basso attraverso le potature. Originario dell’estremo Oriente dove venne chiamato “Mela d’Oriente”, si diffuse anche in Giappone ricoprendo un ruolo importante nell’alimentazione del popolo nipponico. Nel nostro paese iniziò a diffondersi nella seconda metà del secolo XIX grazie alle importazioni in Europa dal Giappone. Devo ricordare che secondo il vocabolario di lingua italiana singolare e plurale sono la stessa cosa e quindi si deve dire cachi, per uno come per tanti frutti. Moltissimo tempo fa, in un fumetto del mitico Ken Parker, il protagonista parlando con un suo anziano amico che si rattrista per la sua età avanzata, gli dice con tenerezza che tutte le stagioni hanno i suoi frutti, e che quelli autunnali non sono molti ma sono i più saporiti. Devo dire che quando il cucchiaio da tè affonda nella polpa cremosa del cachi ben maturo, spesso mi tornano a mente quelle parole: non solo è saporito, ma anche pastoso e dolcissimo, in pratica uno dei frutti più buoni di TUTTE le stagioni. Io ne sono letteralmente ghiotto ed è per questo che oggi ne parlo, nonostante che in fitoterapia il cachi non presenti grandi proprietà, ma rappresenta comunque un’interessante riserva di elementi molto utili al nostro organismoIl cachi è infatti un’ottima fonte di beta-carotene, di vitamina C, di sali minerali (potassio), tannini, fibre e calcio. Quando raggiunge la perfetta maturazione il frutto contiene una elevata quantità di zuccheri (glucosio), circa 65 calorie per 100 gr. e di proteine.
Ha proprietà lassative e diuretiche ed è consigliato a chi soffre di fegato. Ma per il suo alto contenuto zuccherino è vietato a chi soffre di diabete e da evitare per chi ha problemi di obesità e di ulcera gastroduodenale. Possiede, inoltre, un’azione terapeutica sull’ intestino, ovvero un potere astringente contro la diarrea e sembra sia ottimo per il trattamento della tosse e del singhiozzo. Infine l’elevata quantità di tannini aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari (il vino rosso insegna).
Il cachi è facilissimo da mangiare, lo si taglia a metà e poi si mangia la polpa con un cucchiaio da tè. Ma come ho detto sopra il frutto deve essere ben maturo, altrimenti il contenuto elevato di tannini rende il gusto sgradevole, che “lega” la lingua, tipo allappamento, come spiega benissimo Repubblica del 28 Novembre 2010.
Sembra che abbia anche la capacità di ridurre il tasso di assorbimento e il metabolismo dell’alcol, attenuando i sintomi dell’ubriachezza.
Insomma tanti ottimi motivi per munirsi di un cucchiaio da tè e gustare la sua polpa fresca, carnosa e dolcissima – simile ad una mousse – visto che la stagione è quella giusta (ancora non per molto) per mangiarsi un cachi o per realizzare delle ottime confetture.
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Franco_giovannini