I lettori più fedeli di questo blog si ricorderanno che un anno fa mi era presa la smania di infilare piante dentro a ogni contenitore trasparente che incontravo lungo il mio cammino, smania che culminò con la realizzazione di un microgiardino (con tanto di muschio e piante) all’interno di quelle palle di plastica trasparente che vengono usate per addobbare gli alberi di Natale. L’idea piacque molto (tanto da farmi meritare un premio su Instructables) che ne feci una decina di esemplari da regalare agli amici in occasione delle festività natalizie. Ora, a distanza di un anno esatto, ho realizzato un video dove per la prima volta vengono riaperti quattro di questi minimondi e dal quale si può vedere come le piante all’interno delle sfere non se la passino poi così male, anzi!
Le piante dei microgiardini in questione sono infatti cresciute senza eccessivi problemi così come il muschio che le accompagna; solo in un caso quest’ultimo ha preso il sopravvento sulla pianta avvolgendola completamente e andando ad occupare in pratica tutto lo spazio rimasto libero all’interno della palla. La causa di questa crescita abnorme è dovuta a una posizione particolarmente luminosa e all’eccessiva umidità presente all’interno della sfera: i padroni di quel minimondo hanno infatti aggiunto acqua al suo interno ben oltre le reali necessità creando così una condizione perfetta per far prosperare il muschio, assieme a un’altra erbetta che altrove non ha attecchito ma che lì ha trovato un ambiente ideale.
Già, l’acqua: liberi di crederci o meno ma durante questo anno io non ho aggiunto neanche una goccia ai miei due microgiardini che hanno fatto benissimo con quella somministrata durante la fase di realizzazione, come se quei mondi in miniatura tendessero a un equilibrio che li porta alla quasi autosufficienza. Quasi, perché le piante, anche se lentamente, sono comunque cresciute fino al limite della plastica e in un caso addirittura oltre: una Fittonia ha sfruttato il foro per l’annaffiatura e sta coraggiosamente crescendo ben oltre i limiti del “suo” mondo. Grazie al ritmo di crescita lento caratteristico delle piante impiegate (quasi esclusivamente varietà di Fittonia con la sola eccezione di una Capelvenere) unito alla generale diminuizione di luce a disposizione (la plastica, anche se trasparente, rappresenta comunque una sorta di filtro), le piante sono sì andate a rilento ma, siccome un anno è comunque lungo, alla fine hanno occupato tutto lo spazio a loro disposizione e, crescendo avide in direzione della luce, hanno concluso la loro “corsa” spiaccicandosi sulla superficie della sfera come Wile E. Coyote alla fine di un suo tragicomico inseguimento.
Per questo si è reso necessario aprire le sfere e intervenire con una potatura di controllo, a volte anche piuttosto energica. Per le fittonie ho cercato di tagliare sempre al di sopra di un’ascella munita di un nuovo getto ma purtroppo ho fatto quel che ho potuto: l’operazione si è rivelata più difficoltosa di quanto mi aspettassi perché, per lavorarci dentro, non è possibile discostare più di tanto le due semisfere, pena la rovinosa distruzione di fragili equilibri…
La Capelvenere non ha invece avuto bisogno di grandi interventi, solo una “spuntatina” in altezza e la rimozione di alcune foglie seccatesi appena piantata nella palla, così come in generale il muschio non ha manifestato alcun problema: abituato com’è al sottobosco non ha sofferto la carenza della luce e l’alta umidità garantita dalla sfera chiusa lo ha mantenuto in perfetta forma; solo nel caso sopracitato sono stato costretto a intervenire in maniera radicale, togliendo gran parte del muschio e dell’altra erbacea (della quale ignoro purtroppo il nome), cresciute davvero oltre ogni ragionevole misura ma che hanno comunque “cullato” la Fittonia sottostante che, una volta liberata dall’invandente abbraccio de muschio, ha svelato una forma smagliante, forse la migliore tra le piante prese in esame; va aggiunto che il padrone della sfera con il getto fuoriuscito dal foro non ha ovviamente voluto tagliare il coraggioso rametto al quale ho dunque risparmiato la furia delle mie lame (anche se era straconsigliabile potarlo via).
L’alta umidità e la temperatura costante presenti all’interno di questi microgiardini si sono comunque rivelati ideali per le piante: diversi fusti, e addirittura una foglia, hanno sviluppato delle radichette dando il via alla formazione di talee naturali.
Insomma, anche se non conosco la sorte degli altri giardini dentro la palla (uno non ha resistito ai colpi di spazzola della Marghe, mentre gli altri amici, a mie precise domande, cambiano sempre misteriosamente argomento…), quelli che sono riuscito a tenere sott’occhio si sono rivelati non solo piacevoli alternative ai soliti vasi ma anche durevoli nel tempo, ben oltre le più ottimistiche previsioni tanto da farmi venire la voglia di ripetere l’esperimento, magari cambiando tipo di piante.