Le terribili, terrificanti notizie che giungono dalla Libia, oltre a suscitare il massimo sdegno e una condanna senza appello, ci costringono anche a fare i conti con problemi che ci investono direttamente come la ricaduta sulla nostra economia (sono molte le aziende italiane che stringono affari con lo (ex) “scatolone di sabbia” e che in queste ore subiscono forti perdite in borsa) e, per quanto riguarda il fabbisogno energetico, la nostra dipendenza dagli idrocarburi. Anche se la chiusura del gasdotto GreenStream non sembra preoccupare più di tanto, visto che da lì ci riforniamo “solo” del 12% del gas totale (ma un importante 30% proviene dalla confinante Algeria e se l’effetto domino delle rivolte nei paesi nordafricani non si arresta…), di diversa portata appare la questione petrolio considerando che dalla Libia arriva poco meno del 24% del nostro fabbisogno di greggio. Poca cosa rispetto ai problemi che sta affrontando il popolo libico ma prima o poi qualcuno ci presenterà il conto anche se quanto quest’ultimo sarà salato nessuno può dirlo.
Anche alla luce di questi nuovi fatti cercare alternative al petrolio risulta sempre più fondamentale per il nostro futuro (anche per quello immediato) e ogni novità a riguardo è da analizzare con interesse. Di sicuro l’interesse lo suscita un articolo apparso sulla rivista Global Change Biology Bioenergy dove i ricercatori della Università dell’Illinois sostengono come dall’agave si possano ottenere biocarburanti in maniera efficace ed ecosostenibile.
Appartenente alla famiglia delle Agavaceae il genere Agave include diverse specie dalle quali si ottengono molti prodotti primi tra tutti la fibra chiamata sisal e uno dei distillati più famosi al mondo cioè la tequila. Dall’articolo degli scienziati però salta fuori una nuova importante applicazione: analizzando ben 14 studi indipendenti i ricercatori hanno evidenziato come da due specie di agave si possano ottenere biocarburanti con dei rendimenti che superano di gran lunga quelli ottenuti coltivando le principali fin qui utilizzate allo scopo.
Oltre a una maggiore resa, ottenere biocarburanti dall’agave porta anche un altro fondamentale vantaggio ovvero quello dell’ecosostenibilità. La sua coltura infatti ha un basso rischio di cambiamento di uso del suolo e non sottrae quindi terreno alla produzione di cibo come avviene invece per in pratica tutte le altre colture. Questo aspetto è più importante di quanto si pensi e rappresenta uno dei maggiori problemi legati alla produzione dei biocarburanti: se i terreni vengono coltivati per produrre biocarburanti destinati ad alimentare i motori delle nostre auto gli stessi terreni non producono più il cibo dal quale dipende il sostentamento e quindi la vita di milioni di esseri umani. Disporre di biomassa come prodotto della produzione di fibra o tequila non sottrae terra alla produzione di cibo e si avvicina molto alla soluzione del problema.
Altre ricerche stanno cercando poi di individuare le specie di Agave ad alto rendimento e al contempo più tolleranti al clima delle regioni semi-aride del pianeta in grado così di stimolare le economie arretrate come in molte zone dell’Africa.
I biocarburanti ottenuti dall’agave insomma sembrano potenzialmente in grado di risolvere molti problemi e anche se non saranno la soluzione finale possono comunque rappresentare un ottimo compromesso tra sostenibilità e progresso: quando saremo in auto presto diremo “vado a tutta tequila”?