Continua la veloce carrellata sugli innumerevoli problemi che possono colpire la rosa, trattando di un parassita che non si limita ad attaccare solo la regina dei fiori ma che possiamo trovare ahinoi su molte delle nostre piante, siano esse orticole, ornamentali o da frutto: il ragnetto rosso.
Partiamo dal nome. Il più noto e pericoloso fitofago tra le circa 1600 specie appartenenti al genere Tetranychus è il T. urticae e, contrariamente alla denominazione che di solito gli viene associata, il ragnetto rosso non è un ragno ma è un acaro. Certo, con i ragni ha in comune la classe di appartenenza (Arachnida), la capacità di produrre una sottile ragnatela e, per chi ha occhi buoni o una lente d’ingrandimento per guardare, una certa somiglianza con i comuni ragni (da qui il nome volgare) ma le analogie si fermano qui.
Si tratta appunto di un acaro estremamente piccolo, appena visibile a occhio nudo come una macchia rossastra o verdastra sulle foglie e sugli steli, visto che le femmine adulte misurano da 0,4 a 0,6 mm di lunghezza mentre i maschi sono ancora più piccoli, tra gli 0,3 e gli0,45 mm.
Hanno otto zampe e, ancora diversamente dal nome, non sono sempre rossi ma durante l’estate sono di un colore bruno verdastro con due macchie scure sui fianchi e solo quando l’inverno si avvicina il loro colore diventa appunto rosso. Alcune popolazioni sono sempre verdi e altre sempre rosse tanto che alcuni studiosi le considerano specie diverse.
Durante la sua vita media (dalle due alle cinque settimane) una femmina può deporre dalle 50 alle 100 uova e nel periodo di attività si possono contare dalle otto alle dieci generazioni. Durante l’inveno la femmina sverna riparandosi sotto le foglie cadute o sotto la corteccia delle piante e riesce a resistere bene per diverse settimane anche a temperature di -15° C.
Come già detto il ragnetto rosso è un parassita polifago e purtroppo non attacca solo la rosa ma diverse piante ornamentali, molti ortaggi come cetriolo, fagiolo, pisello, cocomero, fragola, peperone, pomodoro, melanzana, melone, sedano e mais, oltre ad alcune piante da frutto come per esempio melo, pero e susino.
Sulla rosa come sulle altre piante il ragnetto rosso attacca la pagina inferiore delle foglie succhiando la linfa. Anche se le lesioni di un singolo parassita sono piccole, l’azione di centinaia (quando non migliaia) di ragnetti rossi compromette seriamente la salute delle piante con una riduzione significativa della loro capacità di fotosintesi: sulle foglie compaiono macchie simil argentate che poi scuriscono portando le foglie stesse al disseccamento e alla caduta. In caso di forte infestazione la pianta può subire gravi danni.
La lotta al ragnetto rosso può essere affrontata con la chimica tramite l’uso di pesticidi specifici detti acaricidi ma che non sempre sono efficaci e anzi a volte possono addirittura aggravare i problemi. Inoltre alcuni ceppi di acari sviluppano frequentemente una resistenza a questi acaricidi rendendo difficile il controllo. Va poi aggiunto che la maggior parte questi acaricidi non hanno nessun effetto sulle uova, aspetto che li rende ancora meno efficaci. Se poi si calcola che ci vogliono minimo 15-20 giorni prima di consumare i prodotti trattati, be’, è forse meglio cercare altre soluzioni, che per fortuna ci sono.
Sul versante degli antiparassitari naturali è possibile usare prodotti a base di azadiractina estratta dall’albero di Neem ma l’azione più efficace la si ottiene mediante la lotta biologica impiegando alcuni suoi nemici naturali come alcuni coleotteri coccinellidi e stafilinidi, antocoridi, ditteri cecinomidi, tisanotteri ma soprattutto tramite l’uso di un acaro fitoseide come il Phytoseiulus persimilis che, a dispetto delle dimensioni di poco più grandi di quelle del ragnetto rosso, svolge un’ottima azione di controllo nei confronti di questo parassita e che merita senz’altro un approfondimento in un prossimo post a lui dedicato.
Foto di Gilles San Martin