Prima di augurarvi un buon ponte del due giugno e darvi appuntamento al prossimo lunedì, voglio farvi una domanda: vi siete mai chiesti perché, a differenza di quanto succede per gli elementi nutritivi, nel corso dell’evoluzione il nostro organismo non abbia escogitato un sistema per immagazzinare una scorta di acqua, come fanno per esempio alcuni animali e molte specie di piante (succulente in testa)?
Già, perché per quanto riguarda le riserve di energia ci siamo ben attrezzati: natiche, pancia, “maniglie dell’amore” e altre zone del corpo sono state dedicate nel corso del tempo allo stoccaggio di grassi che non sono altro che un capitale energetico da sfruttare quando più ne abbiamo bisogno. Questo meccanismo ancestrale è figlio dei geni che i nostri antenati hanno selezionato quando il cibo era una merce rara e risponde alla legge più logica e naturale che esista: ottimizzare le risorse e non sprecare niente.
Nella preistoria infatti procacciarsi qualcosa da mangiare era tutti i giorni una vera e propria sfida e quando questo accadeva l’organismo lavorava al massimo dell’efficienza e dell’economia, imparando piano piano a “mettere fieno in cascina”, risparmiando cioè risorse per i periodi peggiori.
Questo perfetto esempio di ottimizzazione funziona allo stesso modo anche ai nostri giorni anche se per qualche centinaio di milioni di fortunati rappresenta un paradossale problema: i geni interessati infatti ignorano completamente che per molti occidentali il frigorifero è sempre pieno e continuano a risparmiare energia sotto forma di grassi, a prescindere dal fatto che questa non serva poi a molto in una società sempre più sedentaria; l’inevitabile risultato che ne scaturisce è rappresentato dall’obesità come una delle patologie più diffuse e insidiose del mondo industrializzato.
Questo ragionamento però ci porterebbe troppo lontano mentre la domanda che m’interessa è: perché questo meccanismo di stoccaggio delle risorse non si è replicato per l’acqua? Perché non è stato adottato per la sostanza alla quale siamo più dipendenti per il nostro sostentamento, ben più che per il cibo? Non dico delle gobbe come i cammelli (leggermente antiestetiche…) ma sviluppare qualcosa di più discreto che ci concedesse un po’ più di autonomia, quello sì. Perché se alla mancanza di nutrimento possiamo infatti resistere per diversi giorni, a volte settimane o addirittura un mese (molto dipende dalle riserve adipose di cui sopra), alla carenza di acqua possiamo resistere sì e no pochissimi giorni, non di più: sintomi come sete, debolezza, astenia, vertigini, palpitazioni, ipotensione, affaticamento, sonnolenza e torpore non tardano a comparire e se non si reintegrano velocemente i liquidi si perde conoscenza e si muore.
Allora perché, di fronte a questa dipendenza dall’acqua, non abbiamo sviluppato contromisure che ci assicurassero una maggiore sopravvivenza? Non so quanto parziale e personale ma io una risposta ce l’ho: perché, durante la storia dell’umanità, l’acqua è sempre stata abbondante e disponibile. Magari il cibo no, e da lì la necessità di accumularlo, ma l’acqua è sempre stata lì, pronta ad essere consumata all’occorrenza senza doversi preoccupare del suo approvvigionamento. Sicuramente è mancata in specifiche zone, diventate poi aride e/o desertiche e costringendo le popolazioni a emigrare, ma è sempre bastato spostarsi in un nuovo territorio per ovviare alla carenza e non preoccuparsi più del problema. Sempre presente, abbondante e alla portata di tutti: questa, verosimilmente, è sempre stata la disponibilità dell’acqua.
Presa un po’ alla larga è vero, ma tutte queste considerazioni servono per arrivare alla vera domanda, quella del titolo: può un elemento fondamentale per la vita degli esseri viventi, piante e animali che siano, sottostare alle leggi del mercato? Può essere soggetta alle dinamiche dei dividendi e alla logica delle Società per Azioni? Prima di lasciarvi riflettere sulla questione (invitandovi magari a visitare il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua) voglio ricordare un ultimo dato: Negli Stati Uniti – patria del libero mercato, faro e punto di riferimento per tutti i liberisti del mondo – l’80% della gestione idrica è in mano pubblica perché l’acqua è ritenuta, non senza un briciolo di ragione, una risorsa strategica per il Paese…
Foto di angrylambie1