Tra i contenuti più popolari di questo blog ci sono senz’altro quelli dedicati agli innesti delle piante da frutto: l’innesto cosiddetto “a occhio“, l’innesto a spacco e quello a corona sono infatti tra i post più letti di Florablog e suscitano un interesse costante e senza flessioni, segno che l’argomento appassiona molti lettori. Oltre a quelle sopra citate sono diverse le tecniche alle quali ricorrere per effettuare gli innesti, come per esempio l’innesto ad anello (o a flauto), ma per la loro buona riuscita ci sono almeno 7 regole che dobbiamo rispettare. Vediamo quali.
1) Affinità tra le specie
Più il nesto e il portainnesto sono botanicamente affini più si avrà la possibilità di portare a buon fine l’innesto. In tal senso il massimo lo si ottiene innestando due varietà appartenenti alla stessa specie, mentre le difficoltà aumentano se si tenta di unire due specie appartenenti allo stesso genere o, peggio, se le piante appartengono a generi diversi; difficilissimi, se non impossibili, gli innesti tra famiglie botaniche diverse. Questo vale in generale ma va detto che esistono delle eccezioni: per esempio il pero (genere Pyrus) può essere innestato sul biancospino (genere Crataegus) ma non viceversa, così come il nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica) può essere innestato sul cotogno (Cydonia oblonga) o sempre sul biancospino ma anche qui non funziona il contrario, ovvero biancospino o cotogno non attecchiscono sul nespolo del Giappone.
2) Rispetto della tecnica
Sembrerà banale dirlo ma l’esito di qualsiasi innesto non può prescindere dalla corretta esecuzione della tecnica adottata. Questo vale sia per i lavori da effettuare sul portainnesto, sia per la preparazione della marza che andrà innestata: tutti gli aspetti vanno preparati al meglio in base al tipo di innesto che si andrà a effettuare.
3) Occhio al “cambio”
Aspetto fondamentale: il cambio cribro-vascolare del nesto deve trovarsi a contatto con quello del portainnesto. Questo tipo di tessuto vegetale, caratteristico delle piante gimnosperme e angiosperme legnose, è importantissimo perché risulta molto vitale e capace di generare di continuo nuove cellule che, nel caso dell’innesto, andranno a “saldare” le due parti unite assicurando così la riuscita dell’operazione.
4) L’importanza delle stagioni
Le diverse tecniche di innesto che è possibile mettere in pratica sono strettamente legate alla stagione durante la quale effettuarle. Ci sono tecniche, come quelle a pezza o a corona, che vanno eseguite a primavera, altre, come ad esempio quella per approssimazione, riescono meglio in estate o, come nel caso di quella a scheggia, in autunno, mentre i vari tipi di innesto a spacco si devono compiere preferibilmente a fine inverno. Uscire dalla stagionalità rende molto più difficoltosa la riuscita degli innesti.
5) Le condizioni climatiche
Perché un innesto riesca bene non serve solo effettuarlo durante la giusta stagione ma occorre realizzarlo in condizioni climatiche ideali. Temperature troppo estreme non favoriscono la riuscita così come un vento forte e persistente compromette il risultato finale. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dall’umidità ambientale: se il clima è particolarmente secco l’esito positivo dell’innesto è a forte rischio viceversa, con un’alta umidità, si hanno buone possibilità che l’operazione vada a buon fine.
6) La polarità
Qualunque tecnica si adotti è davvero fondamentale rispettare la polarità della marza che funge da nesto, va cioè piazzata tenendo conto della posizione che aveva sulla pianta al momento del prelievo, mantenendo così le gemme rivolte verso l’alto e mai verso il basso.
7) La giusta protezione
Quando abbiamo portato a termine la nostra tecnica, qualunque essa sia, ci troviamo sempre di fronte a quella che possiamo chiamare a tutti gli effetti una ferita. Come faremmo sul nostro corpo, anche la ferita della pianta innestata va “medicata”, protetta cioè con qualcosa di molto simile a una fasciatura. Che sia rafia, mastice apposito o quant’altro, la parte interessata dall’innesto va coperta e sigillata al meglio per evitare che si secchi (o che sviluppi malattie) e per favorire la cicatrizzazione e l’attecchimento.