Oggi vi parlo di un albero monumentale davvero unico che deve la sua particolare forma all’intervento dell’uomo che nel corso del tempo l’ha costretta a svilupparsi in modo tale da favorire una vecchia pratica che farà inorridire gli animalisti ma che, dopo circa tre secoli di vita, ha reso la pianta qualcosa di straordinario.
Florablog – Mappa degli alberi monumentali d’Italia
L’albero in questione è un esemplare di leccio che si trova nelle immediate vicinanze di Bucine, comune immerso nel verde della campagna aretina a ridosso delle colline del Chianti, e fin da piccolo è stato “plasmato” dalle genti del luogo per trasformarlo in un roccolo. Wikipedia c’informa che un roccolo è un tipo di trappola per uccelli che, detta in due parole, consiste nel costruire una struttura costituita in genere da vegetazione (arbusti e/o alberi) e disposta di solito a semicerchio o a ferro di cavallo; sulla struttura vengono disposte delle reti in verticale a formare una vera e propria muraglia invalicabile all’interno della quale, tramite richiami o l’utilizzo di uccelli vivi, vengono attratti i malcapitati volatili che rimangono intrappolati tra le maglie della rete. La pratica è oggi vietatissima ma in passato aveva una sua giustificazione e era divenuta quasi un’arte: famosi sono i roccoli della valle di Scalve, tra le province di Bergamo e Brescia (qui trovate un interessantissimo articolo con schemi e foto dei roccoli), di solito sono costituiti da dei boschetti debitamente coltivati nel corso del tempo.
Qualcosa di simile è stato fatto con il leccio di Poggio Amaro solo che al posto del boschetto qui è stato usato un solo albero, particolare rivelatore delle dimensioni della pianta. Il leccio, al quale si attribuiscono 300 anni circa di età, è infatti alto più di 12 metri, ha un fusto di 3,5 metri di diametro alla base e una chioma che copre qualcosa come 270 metri quadri! Per favorire la funzione di trappola il fusto è stato tenuto molto basso ma dal quale partono tre rami che sono stati nel tempo forzati a svilupparsi parallelamente al terreno e se da un lato hanno reso l’albero un esemplare possente dall’altro lo hanno reso squlibrato tanto da dover puntellare i rami principali per non farli stroncare in due sotto il loro peso.
Sotto l’enorme chioma l’albero ha in passato ospitato anche molte feste e sagre oltre e ancora oggi rappresenta un luogo di ritrovo favorito anche dalle panchine e dal tavolo in pietra che trovano spazio alla base della pianta: le foto che vedete sono state scattate in estate e posso assicurarvi che con il caldo che faceva la sua fitta ombra ha rappresentato qualcosa di salvifico…
L’albero è davvero molto bello e merita senz’altro una visita: si trova all’interno di una proprietà privata ma risulta accessibile, maggiori informazioni le trovate nella scheda redatta dall’Arsia Toscana.