Come già ricordato in altre occasioni, vivere vicino a un luogo straordinario come il Roseto Botanico “Carla Fineschi” ha almeno due indubbi vantaggi: il primo è quello di godersi, in un periodo purtroppo breve dell’anno, lo spettacolo unico offerto dalla fioritura di oltre 6 mila varietà di rose, il secondo è quello di “rubare” qualche trucco del mestiere in quello che si può definire a buon ragione il tempio dedicato alla Regina dei fiori. L’altro giorno mi ha infatti chiamato Paolo, capo giardiniere e responsabile dei lavori del Roseto, per informarmi che stava effettuando degli innesti sulle rose e per domandarmi se ero interessato a riprendere le operazioni. “Scherzi? Certo che sì” è stata la mia ovvia risposta e così o fissato un appuntamento e ho realizzato il video che vedete in questo pagina.
Quello che sta realizzando Paolo in questo periodo dell’anno (mediamente dalla fine di giugno alla fine di agosto) sono degli innesti a gemma su alcuni getti selvatici messi a dimora negli anni precedenti. Questi getti, che si generano dall’apparato radicale, non sono altro che la nuova vegetazione prodotta dal portainnesto, ovvero la rosa selvatica (di solito la rosa canina), sul quale vengono inenstate le rose coltivate. Di solito questi getti vengono tagliati appena crescono e poi buttati ma in un contesto come quello del Roseto vengono sfruttati nel migliore dei modi: messi a dimora infatti, grazie anche all’ausilio di un tutore, vengono di soltio allevati in altezza e, una volta cresciuti a sufficienza, vengono innestati con degli ibridi ottenendo così un bellissimo esemplare ad alberello.
La scelta delle rose da innestare su questi portainnesti mi ha riservato una sorpresa e devo dire anche una certa emozione perché, per tutti gli innesti ai quali ho assistito, la scelta della rosa da innestare è opera del compianto professor Fineschi. Ortopedico e docente universitario, nonché amico e chirurgo di Papa Wojtyla (fu lui che operò le fratture di Giovanni Paolo II causate dall’attentato del 1981), il professore è mancato poco più di un anno fa ma ha lasciato alcune precise indicazioni su come doveva evolvere il suo amato Roseto. Guidato da una incredibile passione per il mondo delle rose e da una smisurata conoscenza della materia, Fineschi ha lasciato sulle piante selvatiche il cartellino dell’ibrido con il quale innestarle in una sorta di “testamento botanico” che non manca di suscitare una certa commozione Le piante che si vedono nel video sono state innestate, per suo volere, con gli ibridi chiamati Magicienne (L Laperriere 1957) e Catherine Deneuve (L. Meilland 1984).
Gli innesti effettuati da Paolo sono quelli definiti a gemma e non si discostano molto da quello che abbiamo imparato a conoscere nell’innesto “a occhio” praticato sugli alberi da frutto. Dopo aver eliminato dal portainnesto un po’ di vegetazione in eccesso si incidono due tagli “a T” sulla sua corteccia per scoprire il cambio cribro-vascolare (o più semplicemente cambio) ma senza incidere il legno sottostante; una volta effettuata l’incisione si solleva, poco e con molta delicatezza, i lembi di corteccia appena incisi allo scopo di far posto alla gemma, gemma che andrà prelevata velocemente da un giovane ramo prelevato dalla pianta scelta. Per compiere questa operazione ricordatevi per primo di mettere “in sicurezza” il rametto, togliendogli le foglie e soprattutto le spine, e poi di operare con un coltello apposito servendosi del quale si dovrà prelevare la gemma facendo attenzione a non danneggiarla e, ovvio, a non tagliarsi; una volta estratta la gemma rigiratela e privatela dell’eventuale parte legnosa rimasta sotto dopodiché inseritela velocemente ma con delicatezza nell’incisione “a T” facendo attenzione che il suo tessuto vada perfettamente a contatto con il cambio del portainnesto.
Posizionata la gemma si deve fasciare la ferita: di solito si usano rafia e mastice ma Paolo, da buon professionista, a sfoderato un interessante “cerotto” apposito che, oltre a essere facilissimo da posizionare, assicura alla pianta le condizioni ideali per riparare la ferita e ripartire con la crescita; questi particolari cerotti, che si trovano facilmente in commercio, dopo un po’ di tempo si staccano da soli lasciando libera la gemma, ormai completamente attecchita, di svilupparsi in piena libertà. Fatto questo non rimane che sfoltire i rami del portainnesto per stimolarne la ripartenza vegetativa.
In fondo al video è possibile vedere alcuni innesti realizzati nella passata stagione e un’inica gemma non andata a buon fine: tranquilli, è quest’ultima che è un’eccezione perché questa tecnica, oltre che piuttosto facile, risulta anche praticamente infallibile e vi basterà davvero un minimo di esperienza per iniziare a padroneggiarla e a innestare con successo le vostre amate rose.