Gli insetticidi e i pesticidi, si sa, sono dannosi e pericolosi per la nostra salute e per l’ambiente e ridurne o eliminarne l’impiego sarebbe un bel passo in avanti per tutto l’ecosistema. In alcuni casi questo è possibile non solo adottando prodotti di origine naturale che presentano un ridotto o scarso impatto ambientale ma anche utilizzando tecniche di difesa contro i parassiti delle piante che sfruttano in modo intelligente alcune caratteristiche degli insetti. Rientrano in questa categoria le trappole chemiotropiche, le più diffuse delle quali sono le trappole ai feromoni.
Sono dette chemiotropiche le trappole che sfruttano gli odori per attrarre e catturare gli insetti dannosi per le piante. Questi odori possono essere quelli emessi dal cibo o molto più spesso quelli di origine chimica detti feromoni. I feromoni sono sostanze chimiche volatili di origine organica emesse dagli insetti per comunicare con i loro simili informazioni relative a funzioni vitali come il sesso, il cibo, la difesa e altro. Queste sostanze, specialmente quelle legate all’attrazione sessuale (è l’argomento preferito anche tra gli insetti…), sono in grado di essere percepite dagli insetti anche a grandi distanze e sono quelle più impiegate nelle trappole chemiotropiche.
Gli enormi progressi compiuti dalla biochimica hanno portato a identificare un migliaio di feromoni sessuali, molti dei quali resi riproducibili per sintesi dalle moderne tecniche e utilizzabili quindi nella realizzazione delle trappole. Bastano pochissime quantità di questi feromoni per attrarre un gran numero di insetti in un ampio raggio di azione. Non solo: i fermoni hanno anche il grandissimo vantaggio di essere altamente selettivi, rappresentano cioè un attrattivo solo ed esclusivamente per le specie che li emettono e non coinvolgono in nessun modo altre specie come per esempio quelle degli insetti utili.
Con queste sostanze, inserite in appositi contenitori, si possono mettere in atto diverse strategie come la confusione sessuale (che forse merita un post dedicato), il monitoraggio e la cattura massiva. Per quanto riguarda il monitoraggio, le trappoel chemiotropiche sono molto usate per esempio nei frutteti e nei vigneti (ma anche nelle serre) per valutare il numero dei parassiti e quindi l’entità dell’attacco e per eventualmente pianificare altri tipi di intervento. Contando infatti con buona frequenza (ogni due o tre giorni) il numero di insetti catturati dalle trappole si è in grado di stabilire il tipo di intervento da fare e quando farlo. Per monitorare un area con efficacia occorrono 3 o 4 trappole per ettaro che andranno sostituite al massimo dopo tre settimane. Non si pensi che il monitoraggio sia meno importante della cattura massiva, anzi: mediante questo approccio è possibile ottimizzare razionalizzare i trattamenti da effettuare, rendendoli più efficaci e riducendoli drasticamente con un notevole risparmio in termini economici ma soprattutto del rispetto ambientale, visto che altrimenti le sostanze impiegate verrebbero utilizzate senza sapere con esattezza l’entità dell’attacco in atto e quindi stando alti con le dosi; con questo approccio poi le sostanze pericolose possono essere sostituite con maggiore efficacia dagli antiparassitari naturali che di solito rimangono attivi per poco tempo e, grazie al monitoraggio effettuato con le trappole, sapere quando è il momento migliore per agire è un vantaggio che porta a notevoli risultati. I feromoni disponibili per il monitoraggio sono più di un centinaio.
Oltre al monitoraggio le trappole chemiotropiche vengono impiegate anche per la cattura massiva. Il numero di trappole da sistemare aumenta considerevolemente e devono essere realizzate senza l’impiego delle colle che di solito si trovano nelle trappole da monitoraggio. Il motivo è molto semplice: dopo pochissimo tempo la superficie appiccicosa verrebbe ricoperta dagli insetti catturati e la trappola perderebbe la sua efficacia. Per risolvere questo problema vengono utilizzate delle trappole a forma di imbuto che convogliano i parassiti attratti dal feromone all’interno di un apposito contenitore, in genere un sacchetto. La cattura massiva non è sempre la soluzione migliore da adottare perché non si può applicare a tutti i casi ma risulta un metodo con alte probabilità di successo se impiegato per specie che prevedono particolari comportamenti, come lo sfarfallamento anticipato degli esemplari maschi rispetto alle femmine, o la scarsa mobilità delle stesse femmine. Il metodo funziona molto bene contro la processionaria, il rodilegno e la mosca dell’olivo.
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