Ho conosciuto Paolo al Roseto Carla Fineschi (sono sue le abili mani che realizzano gli innesti sulle rose) e la sua passione e la sua competenza sono evidenti se hai la fortuna di poterci parlare. Gli ho detto che, se aveva tempo e voglia, avrei ritenuto un onore ospitare qulalche suo intervento. Detto fatto: Paola ha preparato questo interessante manifesto contro la capitozzatura degli alberi che vi invito a leggere. In realtà il post era pronto da un pezzo ma i luttuosi fatti che hanno colpito questo blog ne hanno ritardato la pubblicazione, me ne scuso con l’autore ma avrei di gran lunga preferito pubblicarlo mesi fa…
Buona lettura. Gianni
Per il mio primo articolo vorrei mettervi a conoscenza, tramite le foto di alcuni esempi, della situazione a cui vanno incontro gli alberi quando si decide di potarli usando una tecnica che si chiama “capitozzatura”. Si precisa che non essendo dottore forestale le mie sono valutazioni indicative, alle quali però è possibile far seguire perizie legalmente valide.
Vorrei premettere che la situazione di stabilità della maggior parte delle piante esaminate è stata compromessa nel corso degli anni a causa di scelte sbagliate, in primis in fase di piantagione, in particolare nelle alberate di pioppi, dove sono state piantate due specie di come il pioppo cipressino ed il pioppo tremulo, che hanno un diametro della chioma piuttosto ampio (maggiormente il tremulo) ed entrambi raggiungono altezze comprese tra i 25 ed i 35 metri: ebbene piante che a maturità raggiungono tale imponenza sono state disposte in sesti d’impianto secondo me errati, cioè in filari multipli, a distanze non corrette tra i filari e soprattutto a distanze irrisorie tra di loro nello stesso filare. Nella foto qui sotto in primo piano c’è una pianta che ha altri problemi che affronteremo a seguire ma a destra si vede come tra i filari si raggiungono nel punto imaggiore appena 3 metri di distanza e appena 2 metri dalla recinzione, mentre nell’altra foto si vede che nello stesso filare in alcuni casi non ci siano neanche 2 metri di distanza tra le piante.
La piantagione con un sesto d’impianto troppo ravvicinato per alberi così grandi porta in breve tempo ad uno sviluppo della pianta quasi inesistente in larghezza, troppo rapido in altezza, cioè rami lunghi e deboli in verticale, e conseguente facilità di rottura a causa del carico di peso eccessivo nella parte alta e mancanza di robustezza delle inserzioni nel tronco dovuta alla rapidità d’accrescimento.
Tale problema hanno pensato bene di risolverlo con una pratica che produce molti più danni che benefici, la capitozzatura, cioè l’asportazione totale della chioma: personalmente questa pratica la ritengo da vietare perché, oltre a restituire risultati esteticamente orribili, fa mancare alle radici l’apporto di sostanze nutrienti per un tempo eccessivo provocandone la morte parziale, a volte totale, e compromettendo quindi la stabilità della pianta stessa. La primavera successiva a tale pratica la pianta reagisce cercando di ricostruire il prima possibile la chioma per poter tornare a realizzare la fotosintesi, da qui l’errata convinzione che la pianta stia bene perché ha prodotto nuovi getti velocemente mentre invece è proprio in quel momento che la pianta soffre, sia perché troppo sotto stress per mancanza di zuccheri, quindi con i tessuti legnosi deboli, sia per la morte di radici non alimentate dalle foglie che non ci sono, visto che una pianta ha in equilibrio la parte aerea con la parte radicale. Inoltre facendo il taglio netto di tutti i rami ad un’altezza dove il diametro dei tagli è talmente grosso da non permettere la cicatrizzazione della ferita, si favorisce l’ingresso di insetti dannosi ed agenti patogeni che accelerano il processo di degrado e di instabilità. Per quanto riguarda il genere pioppo poi, si tratta di piante che non hanno un legno molto resistente e duro e perciò sono ancor più soggetti a carie legnose e rotture dei rami, già negli esemplari correttamente potati ed a maggior ragione in quelli capitozzati…
Nelle prossime foto si può notare l’azione della carie nella parte lignea, evidenziata anche dalla corteccia esterna ormai morta, e il punto di una vecchia capitozzatura da dove è entrata la carie.
In questa vecchia fotoqui sotto è evidente come l’azione della carie abbia fatto un mucchio di residuo legnoso alla base del pioppo. Nella pianta in questione la demolizione del legno, partita da una capitozzatura che ha creato le condizioni per l’ingresso del fungo, si è poi estesa a tutto il tronco raggiungendo un livello tale da mettere in serio pericolo la stabilità dell’albero, in questo caso evidenziabile anche appoggiandosi al tronco, tanto da rendere obbligatoria una soluzione drastica come l’abbattimento della pianta. Nelle foto seguenti si vedono alcuni esemplari ormai morti e portati allo smaltimento, il punto d’ingresso della carie e la sezione del tronco di una pianta abbattuta, dove è evidente la bassissima percentuale di legno sano.
Dopo la capitozzatura, per cercare di velocizzare la ricostruzione della chioma, la pianta emette un gran numero di nuovi getti chiamati rami epicormici (succhioni o scopazzi), cioè senza ricostruire rami impalcati come si hanno nelle piante “normali” ma rami che vanno in maniera disordinata in tutte le direzioni, molto fitti e destinati in buona parte a morire e a cadere crescendo.
Le foto seguenti mettono in evidenza i rami epicormici sui pioppi e anche sugli aceri che hanno subito la stessa tecnica.
I rami epicormici vengono tutti da gemme dormienti, cioè da gemme che la pianta ha lasciato di riserva ma che non hanno inserzione all’interno del legno duro e stabile, ma sono periferiche, si fermano alla corteccia e quindi risultano estremamente fragili, soggette a rotture (da noi si chiamano “scosciature”) e di conseguenza pericolose, come si può vedere dalle foto seguenti.
Da quanto sopra esposto si può dedurre in quale stato si trovino oggi i pioppi esaminati: le loro condizioni sono tali che non si può fare altro che continuare a capitozzarli (pensare di ricostruire una chioma su piante vecchie ed ormai compromesse è improponibile) prevedendo l’abbattimento degli esemplari che presentano condizioni precarie di stabilità e di pericolosità per persone, impianti e strutture, ed anche di quelli troppo ravvicinati, cioè nei punti dove sono presenti troppe piante in poco spazio si tolgono quelle peggiori per favorire la vita di quelle migliori.
Inoltre nel caso dei pioppi cipressini durante le ultime potature non è stata effettuata una bonifica della pianta partendo dal piede, ma i “responsabili” (in tutti i sensi…) si sono limitati a togliere la parte alta e verde lasciando sulla pianta il secco e malato (come si vede dalle foto seguenti) quindi andrà prevista anche questa operazione, che sicuramente porterà alla luce altre piante morenti ed instabili, con un aumento della percentuale da abbattere.
Praticamente per queste piante così mal ridotte da ripetute capitozzature, non si può far altro che andare verso un lento e totale abbattimento.
Non mi resta che concludere questo post con uno slogan:
NON CAPITOZZARE, MA POTARE LE PIANTE CORRETTAMENTE E SOLO QUANDO NECESSARIO.