Come già accennato nel post di ieri, sabato ho trascorso la giornata tra i banchini e gli stand di Murabilia, la mostra mercato del giardinaggio amatoriale e in quell’occasione, tra le altre, ho avuto anche l’ideona di provare quello che è generalmente ritenuto il peperoncino più piccante del mondo: il Naga Morich.
Anche se forse, come si apprende da Wikipedia, sarebbe più corretto dire Bhut jolokia, chiamatelo pure con uno degli innumerevoli nomi che ha (Naga Morich, Naga Jolokia, Nagahari, Borbih, Raja Mircha, Raja Chili, Mirch, Mircha, Naga Moresh, Tezpur) ma il risultato non cambia, quella riservata all’incauto assaggiatore è un’esperienza a dir poco mistica.
Tutto nasce quando, giunto allo stand (le foto della galleria fotografica) di quello che scoprirò chiamarsi Leo, vengo attratto da un’esplosione di peperoncini di tutte le forme e i colori e mi fermo a gurdare, incuriosito da quello che succede. Una donna di mezza età, di fronte a me, sta provando la piccantezza del Naga Morich e a un certo punto, subito dopo averlo assaggiato, comincia a vagare lì davanti senza meta e senza proferire parola ma con uno strano mezzo sorriso in faccia… Inquietato dalla scena mi giro verso Leo che di botto mi fa: “vuoi provare il peperoncino più piccante del mondo?” “no, grazie, volentieri ma non me la sento…” rispondo ma lui, non domo: “dai! cosa vuoi che ti faccia?!? vedi quella donna? lo ha appena assaggiato e guarda che bel sorriso che ha!” Non so dirvi per quale motivo ma alla fine ho accettato, anche se già dai preliminari era facile intuire qualcosa di allarmante. Per primo, le dimensioni del peperoncino da assaggiare: piccolissimo, sì e no due millimetri quadrati o poco più, troppo piccolo o… troppo potente? Poi, il modo di assaggiarlo: “prendi, lo tieni in cima alla bocca e lo assapori per due secondi, poi lo sputi in terra”, e già questo… ma quando mi ha fatto presente che è mooolto meglio portarlo alla bocca direttamente dal palmo della mano piuttosto che toccarlo con le dita (è infatti capitato a tutti, in cucina, di toccarsi inavvertitamente una parte sensibile come un occhio dopo aver maneggiato del peperoncino), la sensazione di stare per commettere un errore si è fatta reale.
Niente, troppo tardi, faccio quel che devo fare e poi sputo. Lì per lì il senso di piccante non è stato eccessivo e anzi mi ha sfiorato anche un po’ di delusione, del tipo “tutto qui?”, ma nel giro di pochi secondi, come in un crescendo rossiniano, la mia bocca si è letteralmente infiammata, come se al suo interno, al posto della lingua, ci fosse stato un tizzone rovente. Qualcosa di mai provato. Io, come molti, amo il piccante ma quando è troppo è troppo: praticamente stavo bene solo quando inspiravo aria, viceversa, quando la buttavo fuori, la sensazione di bruciore era insopportabile, e questo per più di un’ora dopo la quale gli effetti si sono via via attenuati, ma con la dovuta calma…
Giuro, non sto esagerando, il racconto non è (solo) il frutto di una ipersensibilità alla capsaicina ma è scientificamente certificato da una scala che misura la piccantezza del peperoncino, la cosiddetta Scala di Scoville, che assegna al Naga Morich la palma di peperoncino più piccante del mondo. Alle quattro varietà di peperoncino acquistate allo stand e in ordine crescente, la scala assegna al peperoncino di Cayenna (i due peperoncini stretti e lunghi nella foto sopra) dalle 10.000 alle 50.000 unità di Scoville (SHU), al Fatalii (quello giallo) 250.000-300.000 SHU, all’Habanero Chocolate (quello di colore marrone) 200.000-400.000 SHU e al Naga Morich, udite udite, dalle 855.000 alle 1.041.427 unità di Scoville, valore quest’ultimo che lo ha fatto entrare nel Guinness dei Primati come il più piccante al mondo. Come paragone basta ricordare che lo spray al peperoncino usato per l’autodifesa oscilla tra 1.150.000 e 2.000.000 di SHU…
Va da sé che la prossima stagione cercherò di coltivare queste varietà per vedere cosa esce fuori, intanto qualcuno dovrebbe rispondere a questa semplice domanda: ma un peperoncino così, in cucina, come diavolo si usa?!?
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