L‘artiglio del diavolo (Harpagophytum procumbens) della famiglia delle Pedaliacee, è una pianta erbacea che cresce nell’ Africa tropicale e del sud, particolarmente diffusa nel deserto del Kalahari, nelle steppe della Namibia, nel Madagascar ed in Sud Africa. Il suo nome deriva dalla presenza di spine uncinate che ricoprono i suoi frutti e nei quali possono rimanere intrappolati piccoli mammiferi. In realtà il nome ufficiale della pianta è arpagofito anche se è conosciuto da tutti con il nome di artiglio del diavolo. Le parti utilizzate in fitoterapia sono le radici secondarie (presenti in Farmacopea Ufficiale). I costituenti principali sono i glucosidi iridoidi, soprattutto arpagoside, ma anche procumbide e arpagide, triterpeni, polifenoli, fitosteroli, flavonoidi e acidi organici (acido caffeico, acido cinnamico, acido clorogenico). Le principali attività sono quelle antidolorifica, antinfiammatoria e antireumatica.
Secondo alcuni studiosi l’azione antinfiammatoria e antidolorifica sarebbe da attribuibire all’arpagogenina, una sostanza che viene formata in vivo per idrolisi enzimatica dell’arpagoside e dell’arpagide. I principi attivi probabilmente non agiscono come i farmaci antinfiammatori non steroidei (i cosidetti FANS), anche se alcuni studi in vitro hanno messo in evidenza una inibizione delle prostaglandine e dei leucotrieni.
Le popolazioni dell’Africa utilizzano da molto tempo questa pianta nei disturbi digestivi e per favorire il parto, applicandola fresca sull’addome. I primi studi effettuati nel 1958 hanno messo in evidenza le sue proprietà antiartritiche, confermate poi nei successivi studi del 1981, mentre ricerche più recenti effettuate nel 1999 hanno finalmente riconosciuto le proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche e antireumatiche dell’artiglio del diavolo. Devo dire che ci sono state certe contraddizioni su alcuni risultati in merito alle proprietà antiflogistiche, ma i principi attivi della pianta hanno in sostanza confermato, attraverso indagini farmacologiche attendibili e riproducibili, le proprietà analgesiche ed antinfiammatorie, utili nei reumatismi; avendo come risultato un significativo miglioramento della motilità e una riduzione o addirittura la scomparsa della sensazione dolorosa. L’estratto secco di arpagofito dà buoni risultati anche nel trattamento delle tendiniti. Un’altra caratteristica della pianta è quella di favorire l’eliminazione dell’acido urico, risultando quindi efficace nella cura della gotta, specie se associata al frassino. L’artiglio del diavolo non ha certo capacità curative, tuttavia può essere impiegato come un ottimo integratore per combattere quei doloretti fastidiosi e per ottenere un benessere fisiologico alle articolazioni. I migliori risultati si ottengono comunque facendo uso di tutta la pianta piuttosto che del suo principio attivo fondamentale (arpagoside). Tutto questo avviene per il reciproco potenziamento d’azione delle varie sostanze attive contenute nella pianta. Pochi sono gli effetti collaterali, fra questi il più importante è l’aumento della secrezione cloridro-peptica dello stomaco con possibile gastrolesività. Non deve usare il prodotto chi soffre di gastrite, ulcera peptica e chi possiede una ipersensibilità accertata verso uno o più componenti: consultare come sempre il proprio medico di fiducia.
Foto diHenri pidoux