Olio d\'oliva estratto a freddo, cerchiamo di capirci qualcosa
Come tutti gli anni in questo periodo vengono raccolte le olive. Da un po’ di anni mi occupo della fase finale del processo di estrazione dell’oro verde, nel senso che accompagno gentilmente le olive di famiglia al frantoio per tornare con i fusti pieni di extra vergine. Uno degli aspetti più divertenti è la polemica che si accende su gusto, colore, odore e purezza del prodotto. Nessuno ammetterà mai, neanche sotto tortura, che il suo olio è inferiore al vostro. Quest’anno, approfittando anche dell’annata spettacolare (praticamente assente la tristemente famosa mosca che tanti danni aveva arrecato la scorsa stagione), ho deciso di sbaragliare la concorrenza provando a portare parte del raccolto in un frantoio all’antica soprattutto perché ero curioso di verificare la leggenda dell’olio di una volta più verde, più pizzichino, più tutto.
In seguito cercherò di elencare le principali differenze che ho riscontrato portando olive provenienti dallo stesso campo nella stessa settimana.

A grandi linee l’estrazione può essere scomposta nelle seguenti fasi:
MOLITURA che consiste nello schiacciamento delle olive;
GRAMOLATURA durante la quale la pasta ottenuta dalla fase precedente viene rimescolata al fine di rompere l’emulsione tra olio e acqua;
ESTRAZIONE DEL MOSTO D’OLIO per separare la parte liquida da quella solida (sansa) e infine la
SEPARAZIONE DELL’OLIO DALL’ACQUA e da gran parte dei residui solidi (morchia).

Nei frantoi tradizionali la molitura veniva affidata alle macine di pietra; purtroppo oggi sono quasi scomparse e sono utilizzate prevalentemente come attrazione turistica. La gramolatura avviene pressoché in maniera identica con la differenza che le vasche delle attrezzature moderne sono chiuse, immagino per evitare che la pasta stia a contatto con l’aria per troppo tempo dato che questa fase può durare anche un’ora. Nella mia personale esperienza la differenza sostanziale ho potuto notarla nella fase di estrazione del mosto d’olio. Nel procedimento all’antica il risultato della gramolatura viene steso sulle stiance (dischi fatti con corda ricavata dalla Typha latifolia, oggi di materiale sintetico) che poi vengono impilati e spremuti con una pompa idraulica, in quello moderno il compito della separazione tra liquidi e solidi è affidato a una misteriosa macchina lucente. Nell’ultima parte i procedimenti tornano ad essere identici dato che la separazione dell’olio dall’acqua si effettua per centrifugazione.

Particolari non trascurabili nella scelta del metodo sono i tempi e i costi. Utilizzando il procedimento all’antica sono riuscito a trasformare sei quintali di olive in centoventi Kg di olio in sei ore, nel frantoio moderno la macchina è capace di trattare quaranta quintali all’ora quindi, lavorando senza fretta si può ottenere in un’ora quello che prima richiedeva una giornata di ventiquattro ore. Inevitabilmente il metodo tradizionale ha dei costi spesso proibitivi ma, sorpresa delle sorprese, nel mio caso grazie a tre simpatici ottantenni che mandano avanti il frantoio lavorando giorno e notte come dei veri highlander il prezzo al quintale di olive è lo stesso: quindici euro. Un altro aspetto che interessa molto i “coltivatori” è la resa, ovvero la quantità di olio che si ottiene per ogni quintale di olive;  si misura in percentuale dividendo il numero di chili di olio per il numero di chili di olive.
Altro stuporone: mi aspettavo che la tecnologia avesse mirato anche ad incrementare la produzione ma nel mio caso stravince il metodo antico con un bellissimo 19,2% contro il 17% del moderno. E alla fine non rimane che il giudizio sul prodotto, che poi è il motivo che mi ha spinto a provare questo “esperimento”. La leggenda dell’olio verde impenetrabile è assolutamente vera, come potete vedere dalle foto la differenza è notevole. E la cosa che posso garantire basandomi sull’esperienza di un amico è che il colore si manterrà nei mesi a differenza dal meno verde del metodo moderno destinato ad attenuarsi verso un giallo fino a raggiungere la trasparenza. A detta di tanti questo è dovuto alla presenza di un po’ di fogliame che nel vecchio procedimento sfugge alla pulizia preliminare delle olive. Per contro il grado di purezza del prodotto finale è leggermente inferiore… L’olio antico è più “grezzo”. Altro fattore che influisce è la temperatura dei procedimenti. In entrambi  i casi si può parlare di olio a freddo dato che il limite fissato è di ventisette gradi ma, misurando con il ditino il liquido che esce dal rubinetto finale nel primo caso è freddo, nel secondo un po’ tiepidino…
Profumo e sapore invece non differiscono di tanto al punto che per quelli come me (e alcuni miei amici) non dotati di papille gustative particolarmente evolute sarebbe molto difficile riconoscerli bendati. A questo punto un po’ confuso ho deciso che ne dovevo sapere di più e quindi sono andato a leggermi un’interessante confronto che (altra piacevole sorpresa!!!) mi ha confermato che il metodo antico non è garanzia di superiorità e che i moderni frantoi sono molto meno belli da vedere ma, se utilizzati bene, possono produrre un olio veramente ottimo sotto tutti i punti di vista.

  • Gran bell’esperimento e molto istruttivo, mi chiedevo: in ambito agroalimentare c’è qualcosa di più buono al mondo dell’olio nuovo?

  • lozonta

    il vino vecchio?!

  • Vorrei dare un consiglio a tutti, consiglio che viene dalla saggezza dei vecchi delle mie parti, per conservare bene l’olio d’oliva non bisogna assolutamente tapparlo ma solamente coprirlo magari con un velo, coprirlo per evitare che vi finiscano dentro polvere od insetti, l’olio per raffinare bene e non prendere cattivi odori a bisogno di respirare. Dopo alcuni mesi se si forma sotto un deposito scuro bisogna travasarlo. Seguite questo consiglio ed il vostro olio sara buono anche dopo anni. Provare per credere.

    Ciao

  • stefano sticconi

    non esageriamo ci sono tante cose buone, mortadella, parmigiano 30 mesi, vado avanti?