Chi legge da tempo queste pagine sa che su Florablog si fa un tifo spudorato per il consumo di frutta e verdura di stagione e come di contro si sconsigli vivamente quello dei prodotti fuori stagione, per almeno cinque motivi:
1) Impronta ecologica disastrosa
Frutta e verdura fuori stagione possono essere prodotte solo in due modi: o in serre riscaldate o a migliaia di chilometri dalle nostre tavole. In ogni caso si tratta di un forte impatto per l’ambiente. Nel primo caso le serre per la produzione fuori stagione sono quasi sempre riscaldate e per far questo consumano importanti quantità di energia non rinnovabile. Non solo: la coltura in serra prevede l’uso di ingenti quantità di sostanze chimiche (fertilizzanti, antiparassitari ecc.) che vanno a ad accumularsi nell’ambiente.
Nel secondo caso niente rende bene l’idea come fare alcuni esempi di prodotti fuori stagione tratti da una tabella di Coldiretti pubblicata qualche tempo fa, le distanze percorse, i chilogrammi di petrolio consumati e la conseguente anidride carbonica (uno dei principali gas a effetto serra) prodotta per ogni kg trasportato:
- un chilo di ciliege del Cile percorre 12 mila chilometri, consuma quasi 7 kg di petrolio e produce 21 kg di CO2;
- un chilo di mirtilli argentini percorre 11 mila km, consuma 6,4 kg di petrolio e produce 20 kg di CO2;
- un chilo di cocomero brasiliano percorre 9 mila km, consuma 5,3 kg di petrolio e produce 16,5 kg emessi.
L’elenco potrebbe continuare a lungo ma già si comprende come l’impronta ecologica di questi commerci non possa che essere disastrosa per il Pianeta e quindi per tutti noi.
2) E che prezzi!
Sia che si tratti di coltura in serra riscaldata, sia che si tratti di coltivazioni distanti migliaia di km, il costo economico dell’ingente energia impiegata per coltivare e/o trasportare questi prodotti ricade tutto sulle nostre tasche. E che costo! Basta provare a comprare frutta e verdura non di stagione e ci si rende subito conto che il prezzo non è proibitivo ma poco ci manca… Se al contrario si trovano prodotti fuori stagione a prezzi bassi può voler dire che da qualche parte del Pianeta qualcuno sfrutta e sottopaga i lavoratori del luogo.
3) Scusate ma il sapore?
Non so voi ma quelle poche volta che ho assaggiato frutta e verdura fuori stagione ho sempre trovato prodotti come minimo insipidi. Contrariamente al loro aspetto esteriore, sempre impeccabile e appetibile, questi prodotti si sono infatti sempre rivelati senza sapore e per questo piuttosto mediocri. Il meccanismo però sembra chiaro: li vedi lì, belli, perfetti e colorati, non riesci a resistere e infine li acquisti, salvo poi mangiarli e scoprire che, almeno in questo caso, l’aspetto esteriore non è tutto…
4) Piante meno sane, meno salute per tutti
Per quanto riguarda le primizie e le verdure ottenute in serra spesso ci troviamo di fronte a coltivazioni forzate che per velocizzare la crescita prevedono l’utilizzo di alte quantità di fertilizzanti a base di nitrati che, una volta nel nostro organismo, possono trasformarsi in nitriti ovvero in sostanze molto pericolose per la nostra salute. Allo stesso modo questa forzatura indebolisce le piante e le rende più facilmente attaccabili da parassiti e malattie, per contrastare i quali vengono impiegate sostanze antiparassitarie e anticrittogamiche che spesso rimangono sul prodotto anche dopo la raccolta, assieme ai conservanti chimici usati per mantenerlo sano a lungo.
Non solo: su frutta e verdura fuori stagione si trovano alte quantità di fitormoni usati per accelerare la loro crescita. I fitormoni sono o no nocivi per la nostra salute? i pareri sono discordanti, nel dubbio meglio evitare…
5) Aiutiamo la nostra economia
Spesso non ci si pensa ma se si acquistano prodotti coltivati all’estero si tolgono risorse alla nostra agricoltura e di conseguenza si indebolisce la nostra economia. Privilegiando al contrario i prodotti di stagione, magari optando per la filiera corta, sì può essere ragionevolmente certi che i nostri soldi finiscano nelle tasche dei nostri agricoltori, alimentando il sistema produttivo locale nazionale. Il discorso è più complesso di così e soprattutto più controverso, basti pensare al fatto che riducendo i prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo si rischia di sottrarre un’importante risorsa a delle economie fragili che basano una larga fetta dei loro affari proprio su questi commerci. Qui però rientra a gamba tesa il primo motivo, complicando ulteriormente le cose: può il Pianeta permettersi questo tipo di economia?