Dopo molto (ma molto) tempo mi ritrovo a scrivere di lombricoltura su questo blog sperando come al solito che queste poche righe possano servire sia a chi legge, per trovare qualche informazione utile, che a chi scrive, curioso di capire se l’argomento suscita interesse.
Inizio subito cercando di rispondere alla domanda posta nel titolo. Secondo noi (siamo due “sociamici” non uso il plurale a caso) difficilmente si può pensare di cambiare lavoro dedicandosi esclusivamente all’allevamento degli anellidi. Cercherò di spiegare da cosa deriva questa convinzione semplicemente raccontando la nostra esperienza, senza la pretesa di approfondire tutti gli aspetti dell’argomento dato che la materia è ampia (sono stati scritti libri a tal proposito) e io non sono certo in grado di insegnare niente.
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Come correggere i terreni sciolti
Ok, la foto è un po’ esagerata, nessuno (almeno credo…) coltiva ortaggi o altro nella sabbia pura, ma dopo aver visto come migliorare la struttura di terreni compatti è giusto affrontare anche il problema opposto suggerito dall’immagine, ovvero come correggere i terreni eccessivamente sciolti.
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5 modi per correggere un terreno compatto
Sia che si abbia a che fare con un giardino, sia che si coltivi un orto, è senz’altro fondamentale conoscere con che tipo di terreno si ha a che fare, non solo da un punto di vista chimico ma anche da quello fisico, ovvero conoscere quella che viene definita granulometria o tessitura del terreno. Un post introduttivo all’argomento l’avevo scritto un secolo fa pubblicando, tra l’altro, pure un grafico (riproposto dopo il salto di pagina) che riassume schematicamente le principali situazioni nelle quali ci possiamo imbattere quando si coltiva un terreno. In base alle percentuali di argilla, limo e sabbia è possibile determinare che tipo di suolo ospiterà le nostre piante e, se è il caso, operare quelle correzioni della tessitura che possono rivelarsi determinanti per la buona riuscita delle colture. Necessitano senz’altro di questi interventi i terreni eccessivamente compatti che di solito presentano troppi svantaggi per non intervenire.
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Meglio conoscere il pH del terreno
Dopo aver analizzato gli aspetti fisici del terreno vediamo adesso le sue proprietà chimiche, perché anch’esse sono direttamente interessate nel processo di fertilità del suolo e dunque determinano la sua qualità. Per parlare di proprietà chimiche del terreno dobbiamo parlare di reazione chimica, meglio nota con la sigla pH.
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Elogio del compostaggio
Questo pianeta non ci sopporta più! Dobbiamo renderci conto che questo modello di consumo non è sostenibile e dobbiamo giocoforza cambiare radicalmente le nostre abitudini, ma non in fretta: subito! Se non vi rendete conto del livello di assurdità – perché di assurdità di parla – a cui siamo arrivati (per giunta a livello globale) e vi siete persi la puntata di Domenica 13 Aprile di Report intitolata “Buon appetito” provate a leggere il testo integrale o a vedere il video dell’ottimo reportage firmato da Michele Buono e Piero Riccardi (su cui tornerò di sicuro), così vi farete un’idea. Ora che l’idea ve la siete fatta vediamo come possiamo, con poche accortezze e nel nostro piccolo, cominciare a cambiare il nostro comportamento e di conseguenza provare a cambiare un po’ il sistema. Read More
E il tuo che terreno è?
Non c’è niente da fare. Prima o poi, se vogliamo ottenere il massimo dalle nostre piante, dobbiamo affrontare l’argomento: dobbiamo conoscere il nostro terreno. Questo lo si fa sia tramite un’analisi fisica sia tramite un’analisi chimica. Le caratteristiche fisiche e chimiche del terreno sono fondamentali per la buona riuscita di una coltura, qualunque essa sia. Se infatti coltivate le vostre piante in un terreno sbilanciato difficilmente esse cresceranno vitali e rigogliose. Per conoscere il proprio terreno voglio cominciare a parlare delle sue caratteristiche fisiche chiamando in gioco il concetto di tessitura del terreno. Read More