Era inevitabile. Prima o poi doveva giungere il momento del distacco dei keiki dalla mia pianta di Phalaenopsis e quel momento è giunto: dopo due fioriture di cui una, spettacolare, in contemporanea con la “mamma”, ho deciso di recidere il “cordone ombelicale” (leggi: stelo floreale) che legava i keiki alla pianta madre per poi sistemarli ciascuno in un vaso. Ho optato per realizzare l’operazione in un periodo non proprio adattissimo perché la permanenza dei keiki “bamboccioni” sullo stelo è andata ben oltre il fisiologico tempo necessario alla formazione di un apparato radicale che garantisse loro l’autosufficienza e, per non gravare oltre misura sulla pianta che li ha generati, il distacco non poteva più essere rimandato. E poi è giusto, anche tra le orchidee, che a un certo punto un figlio prenda la sua strada, diventi autonomo, metta su il suo vaso e magari si faccia la propria famiglia, generando – perché no? – a sua volta un keiki.
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La spettacolare fioritura simultanea della Phalaenopsis e del suo keiki
Della serie: troppa grazia! Quello che vedete qui sopra (e nella galleria fotografica) non è il frutto di un’abile fotomontaggio ma la meravigliosa fioritura, in contemporanea, della mia Phalaenopsis e del suo keiki.
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Un keiki di Phalaenopsis… in fiore!
Tempo fa ho scritto un post sulla Phalaenopsis e sul suo metodo colturale consigliato da chi la vende ovvero dalla famosissima multinazionale svedese operante nell’arredamento di stile ma alla portata di tutti (non ditemi che non avete capito il nome…) e che vede nel proprio listino anche la presenza di piante e appunto orchidee come quella nella foto. Certo, nei consigli per coltivarla riportati sull’etichetta non c’è nulla di particolarmente scorretto ma di incompleto forse sì. Tagliando lo stelo floreale dopo la fioritura, come riportato sull’etichetta, si stimolerà pure una nuova fioritura ma limiteremo di molto la possibilità di far produrre un keiki alla Phalaenopsis. Read More
Ikea, i keiki e i consigli colturali
A volte amici e conoscenti dal “pollice grigio” mi portano le loro piante ormai sul punto di morire con la (vana) speranza che io possa resuscitarle e, dopo un periodo di convalescenza, restituirle al legittimo proprietario: cerco di persuaderli ma, nonostante la modesta percentuale di successi, continuano fiduciosi e felici a consegnarmi le sfortunate.
Ultimamente è successo con una Phalaenopsis che un’amica ha acquistato da Ikea. La nota multinazionale svedese è specializzata in mobili e complementi d’arredo e da tempo ormai è possibile trovare nel suo catalogo numerose piante a buon mercato. L’amica, recatasi in un loro punto vendita in cerca di mensole e sgabelli vari, ha visto l’orchidea fiorita, non ha saputo resistere alla sua bellezza (come biasimarla?) e per quell’ormai noto meccanismo chiamato impulso d’acquisto ha deciso di portarsela a casa. Salvo poi, a fioritura finita, affibbiarla al sottoscritto. Ho ricevuto la Phalaenopsis (neanche troppo messa male) e subito mi è balzata all’occhio l’etichetta incollata al vaso con sopra riportati i consigli colturali.
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